[in coda l'articolo di Marco Preve sul suo blog e Repubblica con la conferma del marchese]
Vi ricordate la Cinzia Damonte e le sue cene elettorali in cui a presentarla era niente meno che il boss della 'ndrangheta Onofrio Garcea? E vi ricordate che quando si trattò di spiegare come veniva sovvenzionata la sua campagna elettorale lei diceva che non sapeva che faceva tutto il suo "comitato elettorale"? E ricordate la Damonte ed il compagno Masi (ovvero Esposito) che tuonavano al complotto degli speculatori che ad Arenzano volevano cementificare tutto e odiavano la povera Cinzia (piangente, distrutta e ingenua secondo Di Pietro) perché era l'unico ostacolo agli appetiti speculativi su quel territorio? Ed allora dovreste ricordare anche Masi che tuonava contro i politici arenzanesi che si facevano sovvenzionare sottobanco dagli speculatori? E ricorderete anche che lo speculatore che praticamente sempre indicavano era il marchese Giacomo Catteneo Adorno.
Bene, la Casa della Legalità, è riuscita ad avere conferma rispetto proprio al finanziamento "elettorale" (prima delle elezioni regionali del 2010, a candidati di Arenzano) dallo speculatore marchese Catteneo Adorno, ed ora quindi è in grado di raccontarlo...
Questa mattina, dopo l'aggioramento dell'ultima udienza, il giudice del Trubunale di Genova ha emesso la sentenza per le querele di Venanzio Maurici a carico del Presidente della Casa della Legalità, Abbondanza Christian: visto l'art. 530 c.p.p. assolve perchè il fatto non costituisce reato.
Genova - Nel 2007 pubblicammo un articolo in cui Venanzio Maurici non era ne nominato ne indicato.
Ma Venanzio Maurici si riconobbe in tale articolo e presentò querela il 29 marzo 2007.
Il pm Nanni (DDA di Genova) aprì l'indagine e con la DIGOS di Genova ricostruirono l'albero genealogico della famiglia Maurici, indicando nella relazione, negli atti e grafici che Venanzio Maurici era cugino di primo grado di Giacomo Maurici.
Il pm Nanni chiuse l'indagine ed il 23 luglio 2007 invia "Avviso all'indagato e al difensore della conclusione delle indagini preliminari - Artt. 415 bis".
Ritiriamo copia del fascicolo come previsto della Legge.
Dopo una serie di insulti da parte di Venanzio Maurici sul forum del portale riesi.com pubblichiamo una replica e l'albero genealogico della famiglia Maurici redatto dalla DIGOS nell'ambito dell'inchiesta del pm Nanni della DDA di Genova.
Il 20 maggio 2009 arriva il decreto di citazione diretta a giudizio firmato dal pm Nanni in cui si contesta la pubblicazione dell'albero genealogico falso della famiglia Maurici e conseguente reato di diffamazione.
Solo durante il dibattimento è emerso, per stessa dichiarazione dell'agente della DIGOS che, dopo la chiusura delle indagini preliminari (e quindi dopo la notifica all'indagato), è stato rielaborato dalla DIGOS l'albero genealogico della famiglia Maurici e la parentela tra Giacomo e Venanzio è sparita. Il pm Nanni (senza riaprire l'indagine e senza avvisare l'indagato) inserisce nel fascicolo il "nuovo" albero genealogico e quindi procede.
Noi non potevamo che prendere atto di quell'Albero Genealogico contenuto nel fascicolo a cui avevamo avuto accesso, redatto con l'accesso alle banche dati dello Stato (il primo, il secondo non sapevamo esistesse). Inoltre noi non avevamo mai indicato Venanzio Maurici come mafioso, bensì abbiamo indicato come appartenente a Cosa Nostra il Giacomo Maurici, sottolineando che la parentela non significava proprio nulla perché essere parenti di un mafioso non significa essere mafiosi. Avevamo criticato, questo sì, il fatto che Venanzio Maurici dirigente della Cgil fosse dirigente di un'associazione culturale "Amici di Riesi" che aveva tra fondatori e dirigenti, al suo fianco, il Giacomo Maurici.
Inoltre, sia l'albero genealogico redatto in prima istanza, sia quello redatto successivamente, confermano che il soggetto del nostro articolo del 2007 non poteva essere identificato in Venanzio Maurici, in quanto, ad esempio, si parlava di "responsabile provinciale" quando lui era "segretario regionale", e non si è indicato la Cgil che era/è il sindacato di Maurici. Inoltre nell'articolo si parlava di un soggetto con il "padre-padrino" che consigliava il figlio prima dei convegni, e non può essere certamente il caso di Venanzio Maurici, visto che suo padre è deceduto 30 anni prima.
Comunque sia oggi si è concluso il dibattimento ed il giudice si è riservato di decidere e darà lettura della decisione il prossimo martedì 25 gennaio 2011, dovendo valutare la richiesta di assoluzione esposta dall'avv. Riccardo Di Rella, legale di Abbondanza, la richiesta di condanna dell'avv. Lamberti, legale di Maurici, e la richiesta di condanna del Presidente della Casa della Legalità ad 8 mesi di reclusione, avanzata dal pm rappresentante la Procura retta dall'Agg. Vincenzo Scolastico.
[La cronaca del dibattimento dell'udienza del 17.09.2010]
Le navi dei Messina sono già state protagoniste delle inchieste sui traffici di rifiuti e di armi... per le famose "navi a perdere"... e di navi, la Messina, ne ha "perse" tante, come la Jolly Rosso, la Rubino... ed in ultima la "Amaranto" (che peraltro non pare aver dato troppi pensieri all'anziano presidentissimo della compagnia armatoriale che infatti si dedicava a corteggiamenti mentre nave ed equipaggio erano alla deriva). E poi la "Nero" e la "Celeste", con quei viaggi, tra Africa e Medio Oriente, sempre al centro di dubbi pesanti...
E sempre la compagnia dei Messina è oggetto di molteplici attacchi "pirata"... Ma non è che certe rotte, come quella con la Colombia - rotta da cui provengono le grandi partite di coca -, o come quelle con i paesi dell'Africa - rotta su cui le armi corrono sempre -, attirano l'attenzione di chi cerca certi carichi indicibili di particolare valore? I Messina, le cui navi vanno forti su quelle rotte, non hanno idea di cosa cercano i "pirati"?
Di seguito la versione in inglese...
Ebbe sì, ancora una volta, Genova si dimostra "straordinaria", proprio come recita il nuovo slogan coniato della Giunta di Marta Vincenzi (con un paladino dell'antimafia di partito, quale Nando Dalla Chiesa, al fianco fedele).
Tra gli appalti assegnati nell'estate scorsa (ovvero a seguito dell'esplodere delle inchieste sui MAMONE, che ha portato - a luglio - al provvedimento interdittivo "atipico" del Prefetto di Genova Musolino sulla principale società della famiglia MAMONE, provvedimento puntualmente ignorato dalle amministrazioni e società pubbliche genovesi, basti vedere tra i lavori per l'emergenza alluvione di Sestri Ponente dell'ottobre scorso) ve ne sono due che non attenzionare sarebbe un peccato. Ed è per questo che abbiamo inviato a chi di dovere una dettaglia comunicazione in merito ed ora ne parliamo anche qui.
Non si tratta di spiccioli. Uno è l'appalto per le manutenzioni straordinarie messe in campo dalla Giunta comunale per i marciapiedi Bassa Val Bisagno, Val Bisagno e Val Polcevera (per un valore di 792.265 euro oltre ad Iva... L'altro è l'appalto per il POR della Maddalena (quello nel rione dove - in parallelo a questi splendidi appalti - "Libera" ha promosso con la stessa Giunta la campagna "Libera la Maddalena"... sic!) con una base di gara da 1.235.008,08 euro. Il primo è quello ad una ditta che è stata interdetta a Reggio Calabria per un inchiesta della DDA coordinata dal Procuratore Pignatone e l'altro ad una ditta "genovese" che partecipa alle gare con ribassi folli perché per a loro serve (e lo dice il titolare!) non per guadagnare con l'appalto ma per "cambiare i soldi"...
Entriamo quindi nel merito delle gare e dei protagonisti...
La "trappola" delle costosissime ristrutturazione nel Palazzo della Prefettura di Genova, messa in piedi e lanciata per cercare di screditare il Prefetto Musolino, vede come protagonista Alessandro Pentimalli, che non nasconde la sua assoluta responsabilità sulla procedura per i lavori che hanno fatto scattare il "trappolone" ai danni del Prefetto Musolino. E' infatti Alessandro Pentimalli, uomo dipendente dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasposti (e non quindi dal Prefetto di Genova!!!) che ha sviluppato, firmato e seguito gli atti e le scelte dei costosi lavori presso la Prefettura di Genova. E che la responsabilità di progetto, scelte, gara e lavori sia esclusivamente del Provveditorato alle Opere Pubbliche (del Ministero e non della Prefettura è chiaro dalle stesse dichiarazioni del Pentimalli, che prima l'ha fatta ed ora la racconta. A "Il Secolo XIX" dichiara: "Del ministero, del nostro staff fatto da personale interno al ministero delle Infrastrutture. Sono nostri il responsabile del procedimento e il progettista. E tutto è passato al vaglio della dirigenza per essere approvati. Gli altri nomi preferisco non farli, perchè immagino che ci sarà un'ispezione,ma l'autorizzazione l'ho firmata io", ed ancora: "Scelta vostra, diceva, la qualità degli ambienti e la cifra da destinare al bagno del prefetto... Sì, io sono un dirigente del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il lavoro è fatto da uno staff. Quei soldi, potremmo anche dirlo, non li abbiamo ancora pagati, dobbiamo fare la verifica di quanto è stato realizzato. Ma se la vasca corrisponde alla descrizione del catalogo, verseremo il prezzo pattuito".
E chi è questo Alessandro Pentimalli che è, nei fatti, il responsabile di quei lavori divenuti lo strumento per cercare di colpire e screditare il Prefetto Musolino? Vediamo con ordine, sia nel campo pubblico, sia in quello privato...
Che si sia davanti ad un gioco non pulito lo si doveva capire da un semplice dato ed alcuni fatti.
Il dato più significativo è questo: vi erano 10/15% di Prefetti senza sede, ma al Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, parevano pochi e così – forse per una sua personale interpretazione della lotta al “precariato” (sic) – decide di nominarne ancora un po... e così si arriva ad avere, in Italia, oggi, un numero di Prefetti senza sede che supera il 50% sul totale dei Prefetti (con conseguente pagamento dello stipendio pieno anche se non svolgono la funzione ed in minima parte sono “parcheggiati” presso la Presidenza del Consiglio).
I fatti dicono che si è in una situazione sintetizzabile così: fedeli all'Impero oppure fuori! Vediamoli...
Il Prefetto Francesco Musolino è un ottimo funzionario dello Stato, tra i Prefetti più competenti nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Questa sua capacità si è confermata non solo a Reggio Calabria ma anche a Genova, dove è stato chiamato per sostituire un altro ottimo Prefetto, Anna Maria Cancellieri.
In qualche modo chi lavora bene, soprattutto nel contrasto alle organizzazioni mafiose, deve essere screditato in questo disgraziato Paese. Ed allora ecco la soluzione:
- il Provveditorato ai Lavori Pubblici (del Ministero dei Lavori Pubblici) promuove una ristrutturazione dei bagni della Prefettura di Genova ed arriva a spendere oltre 100 mila euro;
- dopo si denuncia che il "bagno del Prefetto" è costato oltre 100 mila euro;
- a seguire l'annuncio del Ministro dell'Interno che manda gli ispettori dal Prefetto.
Il risultato è che i cittadini penseranno che sia il Prefetto Musolino ad aver voluto quella spesa, mentre il Paese e le famiglie tirano la cinghia. Nessuno andrà a pensare che quei lavori li abbiano decisi e seguiti altri... e nemmeno che lo stesso Prefetto abbia bloccato ulteriori lavori, invitando a fare invece pulizie più decise, piuttosto che costosi restauri.
Inoltre, a Genova, vi era un Prefetto che, nel silenzio assoluto, ha speso tanto, ma davvero tanto - e per sua iniziativa - per sistemarsi (anche con apposito biliardo e sala fisioterapia, ad esempio) l'appartamento presso il Palazzo del Governo di Largo Eros Lanfranco. Ma era la stagione, prima della Cancellieri e di Musolino, in cui chi ricopriva la carica di Prefetto a Genova negava la presenza delle organizzazioni mafiose e quindi su quel terreno non muoveva foglia o fastidio. E' chiaro cosa sta succedendo?
Per questo rinnoviamo la nostra stima e fiducia nel Prefetto Francesco Musolino che sappiamo essere persona corretta e rigorosa, capace di affermare la propria indipendenza dai condizionamenti che la politica ama portare a chi occupa quella carica.
A Genova hanno appena costruito un monumento (non accessibile ai disabili) per ricordare i Mille. Un monumento tutto nuovo, a Quarto, inaugurato in pompa magna da Governo e Amministratori locali, nell'ambito delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia.
A Quarto c'era già il monumento per la spedizione dei Mille, sullo scoglio... ma non bastava per i fiumi di parole che la retorica delle celebrazioni necessita. Volete mettere l'attenzione mediatica di un nuovo monumento come canale di propaganda? Poter dire abbiamo speso tanto perché ci teniamo tanto, è la pratica dell'ipocrisia politica nostrana. Ma che fine hanno fatto la memoria ed il rispetto dei protagonisti di quella spedizione in camicia rossa che scese in Sicilia e poi raggiunse Roma per conquistarla alla laicità di un Popolo? Svaniti, anzi: sviliti...
Un Carabiniere di Quartiere fuori servizio incrocia il latitante che fa le spese natalizie a Genova Pegli, chiama i colleghi e lo arrestano. Era latitante dal luglio scorso, quando all'allora DDA di Genova guidata da Vincenzo Scolastico (ora facente funzioni di procuratore capo a Genova) pensavano fosse scappato in Canada.
Noi lo avevamo scritto che invece era a Genova (o, al massimo per qualche tempo, in Piemonte), così come avevamo anche pressato sulla comunità perché lo segnalasse, affiggendo locandine con le foto del Garcea e l'invito a costituirsi perché tanto lo si sarebbe preso (articolo e video 1 - video 2). Avevamo anche fatto un appello in calabrese al figliolo del boss, Davide Garcea, così come avevamo fatto notare che era gravissimo che ci siano voluti tre mesi per far scattare il sequestro dei beni intestati al boss ed al figlio, come il bar Go di Sestri Ponente, base fondamentale per le attività della "famiglia".
Mentre qualcuno (alla DDA genovese) che prima diceva che per lui non c'era pericolo di fuga affermava lo dava ormai per sfuggito in Canada, era tranquillo per le vie di Genova. Si era accorciato i capelli... ed aveva perso qualche chiletto dai tempi delle cene elettorali in cui presentava la candidata prediletta dell'Idv... si è bruciato anche i polpastrelli per modificare le impronte digitali. Per fortuna un agente dell'Arma lo ha riconosciuto e non ha perso tempo e così la latitanza è finita.
Adesso speriamo che si convinca che non ha scampo... speriamo che parli dei rapporti con i politici di cui abbiamo ampiamente documentato così come dei dei rapporti con imprese, anche quelle del torinese che abbiamo segnalato a chi di dovere e che lo vedrebbero ben collegato ad un avvocato dell'Udc. Speriamo anche che parli e confessi l'assetto dell'organizzazione comune 'ndrangheta-cosa nostra a Genova, quella che vedeva operare lui e gli altri 'ndranghetisti insieme agli uomini dei Calvo-Fiandaca-Maurici. Anche il figliolo Davide, che conosce bene gli affari della cosca del papino-neo-galetto, speriamo che capisca che non c'è scampo... non c'è via d'uscita se non si sceglie di collaborare con lo Stato.
E non si dica che la famigliola sua, con il Davide, non sapevano dove era... visto che l'Onofrio stesso all'arresto si è detto dispiaciuto per non poter passare il Natale in famiglia... Se era tutto pronto per il Natale perché non lo avete consegnato cari famigliari? Su Daviduzzo, cambia strada, "... Fhanni vidiri cà nascisti masculu..." almeno una volta nella vita!
I mafiosi possono, devono e vengono schiacciati... perché sono dei signori nessuno ed anche se scappano un pochino poi li si prende e l'unica cosa che vedranno solo le mura della cella, dicendo "ciao ciao" ai loro affari ed ai loro beni, perché li si può lasciare letteralmente in mutande!
Ormai, cari GARCEA, siete finiti, come avevamo detto e scritto... almeno dimostrate di avere un briciolo di dignità e liberativi la coscienza, fate vedere di avere un pochino di coraggio da uomini e confessate, raccontate tutto, tanto ormai è chiaro anche a voi che siete finiti!
Confindustria Sicilia ha fatto alcuni passi avanti contro le mafie. Ed altrove? Non solo al Sud, ma anche al Nord non vi è stato alcun seguito, se non qualche dichiarazione sporadica di alcuni. Sentiamo spesso affermare, dagli esponenti nazionali di Confindustria, che in Italia serve legalità... spesso abbiamo anche sentito chiedere pulizia e rigore alla "politica". Ma oltre alle dichiarazioni?
C'è stato il "Protocollo di Legalità" firmato il 10 maggio scorso tra Confindustria e Ministero dell'Interno [il testo integrale - clicca qui] e vi è stata l'adozione del Codice Etico di Confindustria [testo integrale - clicca qui ], dove vi sono impegni precisi. Ma drammaticamente non basta.
La situazione è sempre più devastante (leggi qui) e gli ultimi dati sulla mappa del riciclaggio pubblicate da Il Sole 24 Ore (leggi qui) confermano che non vi è tempo da perdere, soprattutto al Nord...
La Massoneria non è più, da tempo, quella di Mazzini e Garibaldi. Ed in Italia la Massoneria è stata strumento ed è strumento di affermazione di un Potere diverso da quello dello Stato. Vuoi di volontà straniere (a partire dall'UK), vuoi del grande Potere finanziario internazionale, vuoi dei Poteri criminali nel vero senso del termine, mafiosi ed eversivi.
La pagina mai chiusa della Loggia Massonica P2 di Licio Gelli, strumento di intreccio di Potere criminale che vedeva l'allora Cosa Nostra - dominante tra le mafie italiane - sedere al tavolo dei convenuti, si è evoluta ed ha fatto ricchezza dei punti deboli che permisero di scoprirla e colpirla. In parallelo, e sempre di più, è stata la 'Ndrangheta ad usare, attraverso "i santisti", la massoneria per costruire e rafforzare rapporti e collaborazioni (un "dettaglio" sfuggito a Saviano nel suo monologo sulla 'ndrangheta).
Le inchieste in cui è emerso ed emerge il peso della Massoneria nella "colonizzazione" da parte delle mafie delle regioni del centro-nord Italia sono molteplici. E' nell'ambito dei rapporti massonici che gli uomini di mafia, i fratelli di sangue, consolidano le alleanze con i professionisti, i colletti bianchi e, spesso, anche con uomini dei settori di controllo, come agenti delle forze dell'ordine e magistrati, per garantirsi sodali e coperture per il grande riciclaggio, il controllo di appalti e concessioni pubbliche...
[AGGIORNAMENTO, AL 23.11.2010, IN CODA] L'Avvocato Andrea Milani ci scrive (la lettera è riportata integralmente in coda) per dirci che "I richiami suddetti accomunano falsamente la Biella Scavi ai loschi figuri di cui in indagine da Voi riportata, ledendo l'onore ed il decoro dell'azienda e delle sue risorse; mi preme inoltre segnalare come le trscrizioni pubblicate (donde non è lecito ipotizzare un coinvolgimento della società da me assistita, essendo citata da quei loschi figuri di cui sopra senza comunicazione alcuna con la Biella Scavi o sue risorse), siano provento del reato di rivelazione del segreto d'ufficio, essendo atti d'indagine allo stato secretati; col che il loro utilizzo e la loro pubblicazione, oltre a diffamare la mia assistita, costituiscono anche altro reato".
Ma l'avvocato Andrea Milani dovrebbe sapere che le Ordinanze di Custodia Cautelare non sono atti secretati ed accusare qualcuno di violare il segreto istruttorio, quando questa violazione non vi è, costituisce reato di calunnia...