Ieri a Loano è andata bene, grazie alla presenza non solo di molti "banditi", ma soprattutto per la presenza in massa degli agenti della Polizia di Stato della Digos, dei Carabinieri (in divisa ed in borghese) e della Polizia Municipale (c'era anche la giovane agente che l'8 luglio si è fatta in quattro per difenderci dall'aggressione, non abbiamo visto invece l'agente "placca 09" che la prima aggressione disse di non averla vista e quando scattò la seconda si allontanò)...
Abbiamo distribuito la nota stampa [in formato .pdf - clicca qui] ed abbiamo detto chi è Antonio FAMELI e ribadito, per nome e cognome, la pesante infiltrazione della 'ndrangheta nel savonese. Al FAMELI gli abbiamo detto in faccia non solo che lui è un "signor nessuno", ma anche, come ci ha insegnato Peppino Impastato, che "la mafia è una montagna di merda"! Abbiamo detto chiaramente che la prima risposta deve essere quella dei cittadini, che non devono temerlo e devono fargli invece sentire tutto il disprezzo sociale possibile, perché poi lo Stato c'è per fare la sua parte, a partire dall'aggressione al patrimonio illecito con la confisca dei beni (anche se intestati a prestanome). Lui non l'ha presa proprio bene, ma questa volta non ha potuto aggredirci... oggi lo Stato c'era ed ha dimostrato che FAMELI non è la Legge a Loano o altrove! Girava avanti e indietro, con nipotine al seguito... aveva stampato in faccia il "ghigno" tipico di chi sta per esplodere... Forse incomincia a capire che la comunità ormai sa che non deve più chinare il capo davanti a lui! Ed abbiamo ribadito anche che occorre segnalare e denunciare senza timori certi signori, come abbiamo fatto noi e per fortuna anche altri... Abbiamo ricordato che il grande riciclaggio passa dietro a molte delle grandi speculazioni edilizie, alle colate di cemento che devastano la regione e che occorre quindi non solo individuare e colpire i mafiosi ma anche quei pubblici amministratori che hanno aperto la porta alle mafie!
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AGGIORNATO CON ALCUNE IMMAGINI SULL'AGGRESSIONE DI LOANO
E' l'unico modo per spingere ad una azione di prevenzione e repressione su larga scala contro gli uomini delle cosche mafiose. E' l'unico modo per far crollare la loro capacità intimidatoria e spezzare l'omertà. E' l'unica modo per metterli all'indice facendogli sentire che per loro c'è solo disprezzo. Serve farli venire allo scoperto, farli emergere dall'insabbiamento con cui si sono mimetizzati per continuare i loro sporchi affari, da quelli più prettamente criminali a quelli di infiltrazione e radicamento nell'economia locale, nel tessuto commerciale... per rendere evidenti le loro "protezioni" dall'ambiente politico, amministrativo, economico ed anche di alcuni pezzi dei settori di controllo.
E se questa è la strada che rafforza la possibilità di rendere evidenti le commistioni di interessi e le complicità, anche se c'è da correre qualche rischio, come sempre da buoni "banditi", si va avanti... e che sfuggano come il GANGEMI o aggrediscano come il FAMELI sappiano che non ci facciamo intimidire...
Le mafie per riciclare e gestire i propri traffici hanno saputo ramificarsi su tutto il territorio nazionale ed a livello internazionale. La Liguria da decenni ha visto l'infiltrazione, ormai sta vivendo una realtà in cui le mafie si sono radicate nei territori, entrando e condizionando l'economia locale così come anche il voto e quindi alcune scelte delle pubbliche amministrazioni. Hanno saputo radicarsi sfruttando la mimetizzazione in quei luoghi dove era consistente la presenza della comunità delle loro terre di origine, ma anche offrendo "risposta" alle richieste di "mercato". Chi compra droga alimenta le mafie; chi compra la merce contraffatta alimenta le mafie; chi gioca d'azzardo alimenta le mafie; chi compra sesso a pagamento da persone sfruttate alimenta le mafie... così come le pubbliche amministrazioni e le imprese che richiedono lavori a basso costo, con lavoratori in nero gestiti dai "caporali", alimentano le mafie; le pubbliche amministrazioni e le imprese che per risparmiare usano le forniture depotenziate e scadenti gestite dalle cosche, alimentano le mafie; le pubbliche amministrazioni e le imprese che per smaltire rifiuti tossici o effettuare finte bonifiche si serve dei "servizi" delle società dei clan, alimentano le mafie. Ecco alcuni esempi di come si è aperta la porta delle riviere e dell'intera Liguria alle organizzazioni mafiose...
Pare proprio che non la vogliano capire, o meglio sanno ma fanno finta di nulla e si inventano una "Fiaccolata per la Legalità". Questi sono i politici in Liguria e questa è l'antimafia da corteo, cioè l'ipocrisia totale: prima gli danno quello che vogliono e poi fanno le parate contro.
Alcuni giorni fa abbiamo scritto un analisi attenta della situazione ligure, basata su fatti noti da anni. E' un esposizione ancorata alle risultanze delle inchieste e delle attività investigativa, non su opinioni o suggestioni. E' stata pubblicata dal sito de Il Secolo XIX leggibile a tutti. Ma i partiti, i politici hanno fatto finta nulla e sulla situazione del Ponente ligure hanno partorito un topolino... un topolino già morto: una "fiaccolata" da fare tutti insieme appassionatamente per dirci che si fa lotta alla mafia. Sono ridicoli, anzi vergognosi... e con questa ipocrisia sono anche pericolosi.
Ed ecco perché, schematicamente, con qualche esempio...
Con le ultime operazioni antimafia in Liguria chi sosteneva che questo territorio fosse "indenne" da certe presenze è stato smentito. Vi è però il rischio che le mafie riescano a "deviare" le attenzioni su alcuni sacrificabili per tutelare quello che per loro conta: gli affari.
Il quotidiano "l'Informazione" di Reggio Emilia ha pubblicato ieri un ampio articolo in cui si riprende, dal libro "Tra la via Emilia e il Clan", la questione degli incarichi costanti dati dalle grandi cooperative emiliane - Coopsette ed Unieco - a società di famiglie che la Direzione Investigativa Antimafia, la Procura Nazionale Antimafia e la Commissione Antimafia indica da anni ed anni come famiglia di mafia - Fotia e Mamone -. Ricorda che esiste un attività giudiziaria su queste famiglie e le attività delle loro società, come anche permane costante un'attenzione investigativa. Quindi non fa altro che fotografare una realtà dei fatti. Una realtà documentata da lungo tempo, ad esempio, sul sito internet della Casa della Legalità - www.casadellalegalita.org -.
La reazione di Coopsette ed Unieco è stata quella della minaccia di querela e quant'altro per "tutelarsi". Cioè non nega tali rapporti, ritiene diffamatorio e offensivo che questi rapporti vengano indicati, come se fosse responsabilità di chi li indica ed elenca il fatto che pur sapendo (ormai non possono dire che non lo sanno) chi siano quegli "imprenditori", i Mamone ed i Fotia, le due grandi cooperative continuano ad incaricarli di movimenti terra, demolizione e scavi...
Non lo nomina nessuno, tutti conoscono il suo spessore criminale e tacciono mentre è tornato libero di girovagare e fare quello che vuole. Si tratta di Carmelo GULLACE, pluricondannato della cosca RASO-GULLACE-ALBANESE. Lui opera con i FAZZARI a cui è legato... sua moglie è FAZZARI e poi da quando è tornato libero, gira per curare alcune "relazioni" della società SAMOTER, dicendosi persona "pulita" e scaricando la colpa della vecchia cava dei veleni sul vecchio FAZZARI che intanto, guarda che caso non può più rispondere perché morto e sepolto (con tanto di manifesti funebri sino in Valpolcevera)...