C'è anche la delibera del
Comitato portuale del 28 aprile 2004 tra le carte sequestrate dalla guardia di
finanza a Palazzo San Giorgio...
Un documento importante, perché i Pm
dell'inchiesta che ha portato Giovanni Novi agli arresti domiciliari hanno
deciso di mettere sotto al lente d'ingrandimento tutti i rapporti tra Autorità
portuale e Culmv a partire dal 2003. E con "rapporti" s'intende soprattutto
rapporti economici.
Pagamenti sui quali i
magistrati continuano a non vederci chiaro. Oltre al milione e ottocentomila
euro in parte già corrisposti alla Compagnia Unica per la "gestione
transitoria" del Multipurpose nel 2005, ci sono altri versamenti sui quali la
procura ha deciso di aprire un nuovo fronte di accertamenti.
La carta sequestrata dai
finanzieri riguarda due versamenti precedenti. Uno corrisposto alla società
Multipurpose Spa, l'altro direttamente alla Compagnia di Paride Batini. Cifre,
rispettivamente, di tre milioni 718.490 euro e 550 mila. Si tratta, anche
questa volta, di versamenti legati alla vicenda Multipurpose. Con
giustificazioni simili (anche se più dettagliate) a quelle utilizzate in epoca
più recente. In particolare la società Multipurpose (al 50 per cento di Aldo
Spinelli, al 50 di un consorzio nel quale la Culmv faceva la parte del leone) ottiene i quasi
quattro milioni di euro per «maggiori oneri sostenuti dalla concessionaria ...
per "anomalie" gestionali riferite al periodo 1999-2001».
In pratica, il terminalista lamentava lo stato di «rilevante degrado»
degli spazi in cui operava e dove l'Autorità portuale non aveva fatto i lavori
che aveva promesso, rilasciando la concessione nel 1996. Per dire il vero, il
terminalista aveva chiesto ancora più soldi, riferendosi anche ai «danni
commerciali» patiti negli anni precedenti: 12 miliardi e mezzo di lire.
Alla Compagnia Unica,
invece, vengono riconosciuti 550 mila euro per l'esercizio 2002. La Culmv, spiega la delibera,
si sarebbe accollata oneri operativi straordinari «al fine di assicurare il
perseguimento di un interesse generale del porto, rappresentato dal
mantenimento presso lo scalo di importanti traffici e linee di navigazione». È
la stessa motivazione utilizzata, in epoca recente, per il milione e 800 mila
euro finito nel mirino dei pm, che ne avevano anche chiesto il sequestro.
Novi porta la pratica al
Comitato portuale nell'aprile 2004, appena nominato. Comitato che approva
all'unanimità. E sostiene: «In passato è stato portato a compimento dal mio
predecessore un accordo ben preciso tra l'Autorità portuale, il Multipurpose
terminal e la Compagnia.
È stato un lavoro molto pesante, molto profondo di "dare e avere", ci sono
state concessioni da una parte e dall'altra e si è addivenuti alla
determinazione di una cifra».
Giuliano Gallanti,
precedente numero uno dell'Autorità portuale, sentito dal
Secolo XIX, smentisce la ricostruzione di Novi.
E spiega: «La pratica, in realtà una vera e propria lite, era complicatissima e
durò moltissimo. L'istruttoria fu avviata nel mio periodo, ma non l'ho conclusa
e nemmeno ho lasciato in eredità a Novi alcun tipo di accordo sottoscritto e
nemmeno ipotizzato. Il modo in cui quella vertenza si è conclusa è totale
responsabilità del presidente che mi è subentrato».
Eppure, rispondendo a una
domanda di Ignazio Messina, rappresentante degli armatori, il presidente Novi
nel Comitato portuale dell'aprile 2004 sosteneva che «l'accordo era già stato
raggiunto ed è solamente soggetto alla ratifica». Per la transazione era stato
chiesto anche un parere al servizio legale interno, che si espresse
positivamente.
Spiegando che, oltre a tutto il resto, «incide favorevolmente sulla
positiva valutazione dell'ipotesi transattiva ... la considerazione che la
transazione consente di proseguire serenamente nei rapporti con il soggetto di
riferimento nel porto di Genova per l'espletamento dei servizi senza
l'inasprimento dei rapporti (con conseguenti conflitti sociali di incidenza
indubbiamente negativa sui traffici) come già avvenuto in passato».
Che cosa significa
quest'ultima, lunga espressione burocratica? Che il denaro alla Compagnia unica
viene concesso anche per evitare la rottura della pace sociale in banchina,
cioè per evitare azioni di conflitto e di rivendicazione da parte della Culmv.
Il fatto
che una decisione tutta interna al porto venga presa anche per evitare episodi
di conflittualità sindacale con i portuali si ripropone più volte nella storia
dello scalo, fino a pochi giorni fa. È del 23 gennaio 2008 una lettera
protocollata e consegnata all'Autorità portuale dal consiglio dei delegati
della Culmv. Sono i giorni in cui il Comitato portuale deve decidere sullo
spostamento (temporaneo) del gruppo Grendi, che fa capo all'armatore Bruno
Musso, sulle aree del Multipurpose in concessione a Tirrenia. Aree dove la Culmv domina incontrastata.
«Tale proposta - avvertono i sindacalisti - farebbe saltare gli equilibri che
il Patto per il lavoro attualmente garantisce al porto. Si rischia di buttare a
mare tutto quanto,e di dare inizio a una fase conflittuale i cui esiti e
conseguenze sono difficilmente prevedibili».
Samuele Cafasso
Marco Menduni