L'ultimo colpo di scena è contenuto nell'atto finale della maxi inchiesta
della Procura di Genova che ha scosso il porto più grande d'Italia. Il console
della Compagnia unica, Paride Batini, è indagato per concorso in truffa.
Insieme all'ex presidente dell'Autorità portuale, Giovanni Novi, e ad altre
sette persone...
Finora il suo nome era rimasto fuori dal fascicolo del
procuratore aggiunto Mario Morisani e dei sostituti Enrico Zucca e Walter
Cotugno. È stato inserito nell'avviso di garanzia che sancisce la fine
dell'indagine e prelude all'udienza decisiva in cui si deciderà sull'eventuale
rinvio a giudizio. L'elenco ufficiale, in tutto nove, è top secret. Si attende
di sapere se il primo nucleo di indagati, quelli legati all'arresto di Novi
scattato all'alba del 4 febbraio per i reati di turbativa d'asta, concussione e
truffa aggravata, sarà confermato. Si trattava dell'avvocato Sergio Maria
Carbone, dell'ex segretario generale dell'Autorità portuale Alessandro Carena,
dell'avvocato dello Stato Giuseppe Novaresi e del legale dell'Autorità portuale
Alessandra Busnelli.
Le posizioni di questi ultimi due in particolare potrebbero essere state
stralciate dalla Procura, perché ritenute marginali rispetto al cuore
dell'inchiesta sul porto. Ma altre persone potrebbero essere state aggiunte in
extremis.
La svolta è arrivata in seguito alle ultime carte raccolte dai militari
della stazione navale della Guardia di finanza, un piccolo nucleo di
investigatori un tempo specializzati in temi ambientali ora diventati i massimi
esperti sui temi del diritto amministrativo e della gestione delle aree
demaniali. In particolare tra i documenti sequestrati, ci sarebbe la
corrispondenza tra Batini e l'ex presidente Novi nella quale si preparavano le
condizioni per il maxi trasferimento di fondi da Palazzo San Giorgio alla
Culmv. Una somma, divisa in due tranche, di un milione e 728mila euro come
compenso per le attività svolte nella gestione "transitoria" degli scali del
Multipurpose, la mega area portuale al centro dell'asta elusa, secondo
l'accusa, dall'ex numero uno dell'Authority, in modo illecito proprio per
favorire la Compagnia. Le lettere rappresenterebbero, a giudizio dell'accusa,
la prova di un accordo segreto tra Novi e Batini per "truffare" il comitato
portuale, che in certe sue componenti si era mostrato recalcitrante nel
concedere quei denari.
La Procura ha riflettuto fino all'ultimo se inserire o
meno il nome del console tra gli indagati. Una corrente di pensiero considerava
le lettere di Batini come normali richieste di chiarimenti nell'ambito di una
"trattativa" di cui tutti erano a conoscenza. La linea che ha avuto la meglio
valutava quegli scritti come la dimostrazione di una consapevolezza condivisa
di quanto "illecitamente" si stava mettendo in pratica.
I fondi alla Culmv e la turbativa d'asta relativa al Multipurpose
rappresentano i due filoni principali dell'inchiesta sul porto, iniziata due
anni fa dallo scandalo delle occupazioni demaniali abusive che ha portato il
sostituto procuratore Walter Cotugno a decine e decine di sequestri: piccole
aree, edifici enormi e banchine storiche senza distinzione. Dove le carte non
erano in regola, scattavano puntualmente sigilli e denunce. Di sequestro in
sequestro la lente degli investigatori è arrivata a puntare su Palazzo San
Giorgio.
Il "caso Culmv" esplode quando l'inchiesta sul porto è già nel vivo, ma non
ha ancora dispiegato i suoi effetti più clamorosi: primo tra tutti, l'arresto
di Giovanni Novi, ex presidente dell'Autorità Portuale, riassunto nelle carte
di quell'arresto così: «Osserva il pubblico ministero come il mandato Novi
appaia caratterizzato, sin dall'inizio, da un netto favoritismo per la società
Compagnia Unica», cioè la Culmv di Paride Batini.
Il taccuino privato di Novi, quello che lui stesso aveva consegnato ai
magistrati, aveva testimoniato degli incontri e dei contatti tra il presidente
dell'Autorità portuale (ex presidente dello Yacht Club) e il console con
l'eskimo. Ma i pm usano espressioni ancora più precise. E durissime: «Da tutto
il materiale si ricava come Novi intenda ottenere un accordo (sul Multipurpose,
ndr) tra tutti che ottenga il placet di Batini per la Compagnia unica e che
anzi consenta l'inserimento della Culmv nel nuovo assetto, nonostante la società
non abbia partecipato alla gara e incontri la contrarietà di alcuni». Ma il
"potere" della Culmv in quel delicato passaggio si estrinseca in un'altra
vicenda, in un gioco di sponda: l'ingresso della Tirrenia tra i concessionari
del Multipurpose. Ma da chi e perché Tirrenia era stata tanto sponsorizzata,
sebbene non avesse nemmeno partecipato alla gara per la spartizione dei moli di
Sampierdarena? È una delle chiavi dell'inchiesta. E qui il gip riporta una
pesante affermazione dei pm basata sulle parole dell'amministratore delegato di
Tirrenia, Franco Pecorini, anche lui interrogato dai pubblici ministeri:
«Tirrenia, priva di dipendenti per le operazioni portuali, garantiva
l'affidamento alla Compagnia Unica di tutte le operazioni portuali».
Ma poi, in quelle carte giudiziarie, ci sono anche i
soldi. Tanti soldi. il trasferimento alla Compagnia unica del porto di una
somma pari a 1 milione e 728 mila euro «del tutto ingiustificata» e «priva di
qualsiasi titolo giuridico». Queste sono le parole dei magistrati. Denaro che
avrebbe ufficialmente ripagato anni di "gestione transitoria" del terminal da
parte dei camalli.
Poi arriva la richiesta di sequestro di quella somma. E anche il tribunale
del Riesame, dopo una dura disputa, dà il via libera. Va bloccata la prima
tranche dei pagamenti, gli 864mila euro già versati dall'Autorità portuale
presieduta da Giovanni Novi alla Compagnia di Batini. Ma c'è un nuovo giallo.
All'inizio di febbraio, quando la Finanza esegue i primi sequestri, sul conto
della Compagnia ci sono circa due milioni di euro. Quando gli uomini della
Fiamme Gialle si sono presentati alla Carige per "blindare" il denaro trovano
soltanto ottantamila euro. Secondo la Culmv sono serviti per pagare gli
stipendi dei dipendenti. Gli investigatori però danno il via agli accertamenti
che devono ricostruire gli spostamenti di denaro della Compagnia. Non solo: gli
investigatori devono ricostruire la rete di attività che fanno capo alla Culmv.
E intanto Novi è costretto a coprire con una fidejussione quel denaro che non
si trova più.
Il Riesame, già allora, lancia il sospetto. È il "fumus" che
quel denaro sia stato destinato alla Compagnia in seguito «a fatti
qualificabili come truffa aggravata ai danni dello Stato». E la Compagnia si
trova a camminare su un filo sempre più sottile: «È il soggetto che ha
conseguito l'ingiusto profitto del reato di truffa. E' «un terzo non estraneo
al reato». Già da quelle parole la sorte del procedimento sembrava segnato.
Graziano Cetara