"Fino alla fine semineremo vento, fino alla fine si va" è lo slogan che
caratterizza il Cammino contro le mafie del 2008 e così sarà! Sono passate le
prime tre tappe del Cammino, in Liguria.
Le parole, le esperienze, la sincerità e la schiettezza di Pino Masciari,
Salvatore Borsellino e Benny Calasanzio Borsellino hanno segnato quanti hanno
avuto il coraggio di esserci...
Sì, quanti hanno avuto il "coraggio" di esserci, perché in questa regione del
nord troppi sono i segni di connivenza e complicità con poteri occulti e
criminali (come la massoneria), con faccendieri e speculatori e con le mafie.
Segni tangibili, visibili... concreti, che piegano lo sviluppo e condizionano
l'uso (abuso) del territorio o le distorsioni delle risorse pubbliche.
Se il Ponente è segnato - e piegato - dalle colate di cemento dietro le quali
si nascondono personaggi inquietanti (come le imprese legate a Fiorani e
Caltagirone o società della ‘ndrangheta, con i finanziamenti misteriosi che
provengono dall'est o da finanziarie ed holding ben collocate nei paradisi
fiscali), il Levante è segnato dalle pesanti operazioni speculative figlie di
riciclaggio e degli appetiti che territori protetti e unici, dalle Cinque Terre
al Golfo dei Poeti, risvegliano nella commistione politica-affari.
Genova sta in mezzo. La "capitale" delle partecipazioni statali, dove sono
piovuti più finanziamenti che nel Mezzogiorno, e dove stava (e sta) la testa di
quei Cantieri Navali di Palermo infiltrati da Cosa Nostra, come Gioacchino
Basile ha coraggiosamente denunciato, finendo lui espulso dal sindacato e
tacciato di "pazzia". Continua ad essere una "città di marmo", piegata dal
condizionamento della clientela, del ricatto di un Potere corrotto (ma ben
organizzato, sottile, accorto).
Questa terra da luogo di "confino" dei mafiosi a territorio dove le mafie si
sono radicate e infiltrate, con un controllo di territorio sempre più ampio e
con quel legame, trasversale, con il Potere, che gli ha permesso di assumere al
meglio la veste di "professionisti" di imprese, di farsi parte integrante della
classe dirigente. Teardo è stato solo l'inizio, quegli stessi uomini, quegli
stessi legami non si sono mai rotti, si sono rinnovati e prosperano, in un
sistema clientelare e corrotto che nega, palesemente, un reale sviluppo, mentre
la povertà cresce e spinge a piegarsi.
Qui la massoneria è potente, si sostituisce alle Istituzioni che dovrebbero
garantire l'interesse generale. E' in essa, come è in Calabria o in Sicilia, che
si ritrovano uomini delle Istituzioni, controllori e controllati, affaristi e
mafiosi dal colletto "bianco". Lì si decidono le spartizioni, lì si definiscono
quelle scelte che poi, le Istituzioni si limitano a ratificare. Questo da
decenni, con i più alti referenti degli schieramenti politici - dell'una e
dell'altra parte - che siedono alla stesso tavolo.
Opporsi a questo significa isolamento totale. E' tollerata solo
l'accondiscendenza o silenzio e indifferenza. Cercare di rompere gli equilibri
consolidati significa essere dei "pazzi". Proprio come quando ti incendiano il
negozio perché ti rifiuti di pagare il pizzo (a Genova, quartiere di Sestri
Ponente!), e subisci l'isolamento, venendo additato come un "fuori di testa".
Così come sono dei "retrogradi" e "scellerati" quelli che si oppongono al
deturpamento della costa con piattaforme, porticcioli e grattacieli o alle
"cittadelle" sulle colline.
In questo panorama devastante, dove gli intrecci sono solidi, come sono solidi
i "contributi" tra faccendieri, politici, amministratori, osare schierarsi
significa molto spesso chiudere i battenti, essere strangolati lentamente, ma
inesorabilmente, dal "sistema". Anche l'informazione è piegata. Solo pochi
giornalisti hanno il coraggio di svolgere il loro mestiere. Pochi di loro hanno
lo spazio per scrivere, ad esempio su quello che dovrebbe essere l'erede de "Il
Lavoro" di Pertini, e quelli che lo fanno come i giornalisti de Il Secolo XIX,
che si occupano delle "inchieste", vengono messi alla gogna, attaccati e insultati,
insieme al loro Direttore, dai tentacoli della piovra del Potere.
Le lottizzazioni della Sanità, come di ogni società pubblica - dove al merito
ed alla professionalità è anteposta, anzi sostituita, l'appartenenza e fedeltà
al Potere - è conseguenza di tutte le commistioni e connivenze scellerate, di
un sistema di corruzione diffuso quanto abilmente mascherato e protetto da una
cortina di omertà e complicità, di opportunismo e trasversalismo, ben custodito
da un sistema di controlli piegato da assenza di mezzi, da normative
indebolite, quando non addirittura da una tacita accettazione.
Certo qui non si spara (o meglio si spara poco), non si contano i morti a
decine (ma si contano vittime di "incidenti" anomali). Qui è morta l'economia e
lo sviluppo mortificato e annientato dai monopoli delle società "amiche", sia
esse espressione del mondo cooperativo "rosso" o dalle società di faccendieri e
massoni di ogni colore, per arrivare a quelli delle società di famiglie mafiose
(accertate tali dai reparti preposti dello Stato) ma che la "politica" non
disdegna perché fonte, spesso, di sostegno in voti e fondi.
Qui sta quella Questione Morale irrisolta e negata in questa regione, come in
altre. Qui sta quella contrapposizione tra blocchi di potere, comunque complici
di questo sistema. Ma a dirlo, forse, in fondo, si è davvero solo dei "pazzi".
Nel leggere le intercettazioni dell'inchiesta sul Porto si evidenzia quanto sia
ormai spregiudicato il sistema. Si comprende pienamente quanto sia la "consapevolezza"
del Potere della propria impunità e immunità totale.
L'interesse generale è piegato a quello particolare di chi "unge". Le società
che vincono concessioni, aree e appalti sono solo - esclusivamente - quelle che
sovvenzionano con i "contributi" legali quella o questa area, quello o questo
politico. Hanno cambiato le leggi (lo ha fatto Berlusconi e lo hanno fatto i
governi di centro-sinistra). Hanno mortificato e leso l'autonomia e
l'indipendenza della Magistratura. Hanno chiuso in un angolo quanti si oppongono,
espulso ogni possibile corpo estraneo che non cedesse al compromesso,
all'accettazione.
Ed allora ecco che la
Legalità, la lotta alle mafie ed alla corruzione, procurano
l'orticaria, qui, proprio come altrove. Ecco che se si muovono iniziative di concreta
lotta alla cultura ed alla pratica mafiosa, come alla corruzione, in modo
indipendente, allora diviene chiara la risposta del "sistema": queste debbano -
qui - essere portate al fallimento. Ecco che quindi in molti hanno paura
persino di schierasi, di esserci, di partecipare.
Poi, d'incanto, si fanno le parate, le dichiarazioni tuonanti, ci si schiera
"contro le mafie" che stanno in Calabria. Si afferma vicinanza a chi in
Calabria "è vittima" della presenza mafiosa. Come se il problema fosse in Calabria,
in Sicilia o in Campania. Come se gli interessi, ad esempio, su aree
strategiche come l'ex IP di La
Spezia o della Stoppani a Cogoleto, per fare solo due
esempio, non fossero proprio degli stessi gruppi mafiosi di quella Calabria,
che qui vengono a ripulire ("investendo") i soldi sporchi di sangue e morte.
Il caporalato è qui. In un infiltrazione di Cosa Nostra nel settore
dell'edilizia che è devastante. Lo sfruttamento di donne, ragazze e ragazzi
(minori!) per la prostituzione è qui, nelle strade ed in appartamenti di
quartieri popolari o rinomati. Il gioco d'azzardo è qui, come sempre qui vi è
il pizzo ed una rete di usura devastante e ben collegata con un sistema
bancario gravemente inquinato, a partire dalla Carige. Il traffico di rifiuti,
le false bonifiche sono qui (e lo sappiamo - subiamo - bene!). Qui vi sono gli
investimenti speculativi dei clan calabresi e delle cosche siciliane. Qui
abbiamo l'infiltrazione delle Camorre come delle mafie straniere.
Ma questo non conta, questo non bisogna dirlo. Bisogna dire che qui va tutto
bene e che la mafia è solo al sud. Qui il Potere si può dichiarare contro le
mafie e poi può dare a società di mafiosi appalti e incarichi, affermando che
se non c'è una sentenza definitiva, anche in presenza di gravi indizi, di
palesi legami e di fondi misteriosamente spuntati dal nulla, non vi è alcun
problema. L'esatto opposto di quello che diceva Paolo Borsellino.
Noi, scusateci, ma non ci stiamo. Ci state massacrando, "democraticamente". Ci
state "strangolando" lentamente... ma noi andiamo avanti..."fino alla fine
semineremo vento... fino alla fine si va" perché il futuro non è ancora scritto e
siamo noi con le persone perbene che lo vogliamo scrivere. Conosciamo i nostri
diritti e non accettiamo concessioni da sudditi... non accettiamo le ipocrisie di
chi si dichiara contro la mafia a parole e poi lascia che i beni confiscati
alle mafie siano rioccupati dai boss mafiosi per anni o chiusi, perché così
gradiscono i "locali" della ‘ndrangheta sparsi nella nostra terra o la "decina"
di Cosa Nostra che Emmanuello ha voluto si riorganizzasse pienamente.
Noi, si va a vanti, a rompere il silenzio che volete imporre alle coscienze,
perché a quel "puzzo del compromesso morale" che voi avete scelto, noi
continuiamo a scegliere "il fresco profumo della libertà".