Se domani una legge dicesse che prima dell'udienza l'imputato va tenuto in
ginocchio sul sale non la applicheremmo. Chiederemmo alla Corte Costituzionale
di dichiararne l'illegittimità, ma intanto non obbediremmo...
Si sta avvicinando il momento, che mai avremmo immaginato, di questa drammatica
frattura delle coscienze, dei cittadini, e degli stessi giudici. Fino a che
punto si deve prestare obbedienza alla legge? Antico quesito, peraltro
sorprendentemente attuale.
La norma che sospende i processi per i reati puniti fino a due anni é stata
introdotta surrettiziamente nel testo del decreto sulla sicurezza, dopo
l'autorizzazione del presidente della Repubblica. Essa viola il principio della
separazione dei poteri, quello della ragionevole durata del processo, e quello
dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
E' escluso che sia rivolta a disciplinare con indicazioni di massima la
"precedenza" tra processi al fine di migliorare il rendimento della
giustizia, perché sospende la maggior parte dei procedimenti pendenti e quasi
tutti quelli per gli episodi di criminalità che allarmano i cittadini.
Non solo, ma la lettera del primo ministro al presidente del Senato nella quale
egli insolentisce e dileggia i magistrati di fronte ai quali é imputato,
contestuale alla presentazione del decreto in Senato, conferma inequivocabilmente
il nesso tra la sospensione generalizzata e la posizione personale di
Berlusconi.
Nel complesso ci si trova di fronte a una lesione ripetuta e grave delle regole
fondamentali della Repubblica. Una sorta di padrone tiene il posto del primo
ministro, e piega il Parlamento al proprio volere, e si libera della giustizia
nello stesso momento in cui si propone di imbavagliare la stampa impedendole di
riportare notizie sulle inchieste pur dopo la cessazione del segreto sulle
intercettazioni.
Per educazione, consuetudine civile, diritto e dovere personale e, nel mio
caso, per lealtà al giuramento di fedeltà alla Costituzione non possiamo
obbedire a leggi fatte per elevare al rango di padrone dei concittadini un solo
cittadino e la sua corte di servitori.
Dunque sta avvicinandosi il tempo in cui dovremo chiederci se obbedire o no
alla legge, nel mio stesso tribunale come in tutti gli altri del Paese. Solo
pronunciando queste parole, ne tremo, e capisco a quale punto difficile e ormai
drammatico siamo arrivati. Non so se darò istruzioni di sospendere i processi
piegando la testa all'abuso, non so se potrò obbedire.
Adriano Sansa - Presidente del Tribunale per i minorenni di Genova
[IL SECOLO XIX]