Era novembre dello scorso anno quando a Savona si parlava di Chiesa e 'Ndrangheta, con il Procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, autori del libro “Acqua santissima”. Un salone pieno allora, dove si parlò anche molto della Liguria, terra di 'ndrangheta... come piena era la Piazza Concordia di Albissola Marina ieri sera per il nuovo incontro con il magistrato in prima linea, nella lotta alla 'Ndrangheta, tra Occidente e Sud America...
Da poco rientrato dal suo ennesimo viaggio a Bogotà, dove persegue i rapporti tra i cartelli del narcotraffico ed i gruppi paramilitari (dalla FARC alla AUC) con la 'Ndrangheta, l'unica mafia al mondo che può entrare senza problemi nei territori del terrore dove si coltivano le foglie di coca che invadono il mondo. L'unica mafia occidentale che è ritenuta affidabile e seria dai cartelli del narcotraffico per la sua storia e efficienza.
Le fondamenta di questa “efficenza” non sono ignote per Gratteri ed i suoi colleghi della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, anzi, sono ben chiare: la 'ndrangheta ha regole ben precise, un ossessione per il suo rispetto, ed un vincolo di sangue che ne caratterizza la struttura, rendendo così praticamente impenetrabile l'organizzazione al fenomeno dei collaboratori di giustizia. Gratteri racconta queste regole e questi riti, narrati con semplicità e competenza nel suo nuovo libro “Male Lingue”. Quella piazza piena, con le sedie della platea che non bastano ad ospitare tutti, ascolta attenta, del “Tribunale della 'Ndrangheta”. Dove, con un solo grado di giudizio ed una sentenza che si esegue senza indugi, vengono processati coloro che trasgrediscono alle regole del sodalizio.
Il tempo vola nella calda serata di Albissola tra gli interventi del giovane e determinato cronista de Il Secolo XIX Marco Grasso, di Christian Abbondanza della Casa della Legalità e del procuratore Gratteri. Si racconta di come la 'ndrangheta si nutra del consenso sociale, fondamentale per la propria esistenza e determinante per vendere i pacchetti di voti ai politici i turno, per condizionare poi appalti, incarichi, varianti, concessioni, ed aumentare così il “potere” dell'organizzazione. Si ripercorre la complicità di certi vescovi e preti che dimenticano persino i propri martiri, ammazzati dalla 'ndrangheta, e che sfilano davanti ai Tribunali per difendere i boss sotto processo.
Abbondanza non ha mancato di ricordare il quadro devastante della Liguria, dove decenni di silenzio e omertà istituzionale, hanno permesso alla 'Ndrangheta di crescere e divenire condizionante nella politica e nell'economia. Come sempre fa nomi e cognomi, per rendere evidente chi sono, cosa fanno ed esorcizzarne il velo di intoccabili che per lunghi decenni li ha avvolti.
Grasso ricorda che in Calabria si condannano i capi della 'ndrangheta in Liguria, mentre in Liguria i Tribunali assolvono i “soldati”. Gratteri non ha dubbi: se si riforma la giustizia e si rendono pesanti le pene e la detenzione per i mafiosi in pochi anni si può abbattere, quantomeno per buona parte, la rete ed il potere della 'ndrangheta, ma serve anche un intervento culturale con una scuola pubblica ed università efficienti ed i cui effetti li vedremo tra vent'anni. Il pubblico è partecipe, è quasi scioccato dalla realtà che emerge dai racconti di Gratteri ed Abbondanza che rispondono alle domande di Marco Grasso e fa domande precise.
E' questo l'atteggiamento che dovrebbe essere la norma: la conoscenza del fenomeno prima di tutto, come base per contrastarlo. E' da lì che è iniziato il dibattito, non senza l'ennesimo atto di accusa, da parte del Procuratore Gratteri, a certa cosiddetta antimafia. Quella delle parate, dei convegni, delle fiaccolate, che vive spesso di contributi pubblici, e non conoscendo il fenomeno fa danni. Un atto d'accusa che spesso è stato pronunciato anche dalla Casa della Legalità, rimanendo inascoltato e ricevendo per risposta isolamento ed insulti.
Gratteri non si tira indietro. Parla chiaro. Lo fa anche quando racconta dello “sfumato” incarico di Ministro della Giustizia. Lui aveva dato la propria disponibilità ad una condizione: carta bianca per riformare codici e norme per rendere efficace l'azione penale e la certezza della pena, partendo dall'alzare a minimo 20 anni le condanne per 416-BIS.
Quelle condizioni furono accettate ed il suo nome era nella lista dei Ministri, ma poi, alla fine fu cancellato durante l'incontro tra Renzi e Napolitano al Quirinale. Non serve chiedergli cosa è successo in quell'incontro, Gratteri è persona seria e “non dice ciò che non può dimostrare”, ed in quella stanza c'erano solo Renzi e Napolitano, gli unici che sanno e possono dire che cosa è successo, al di là della versione di rito che già conosciamo.
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La sete di Giustizia di Rolando
In quella Piazza della Concordia ad Albissola, tutto è praticamente pronto per l'inizio dell'incontro con il Procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. I posti in platea si stanno riempendo tutti, come gli scalini che circondano l'arena. La sicurezza è quasi invisibile ma massiccia...
Dalla prima fila si avvicina, al Procuratore Gratteri, Rolando Fazzari: “Volevo ringraziarla. Lei combatte la 'ndrangheta da una vita, io la subisco da tutta la vita e mi hanno portato via la cosa che di più cara avevo, Gabriele, mio figlio”. Gratteri è attento, si ferma ad ascoltare questa sacrosanta pretesa di giustizia che Rolando e la sua famiglia chiedono allo Stato. Lui Rolando che già da ragazzo aveva sancito la sua dissociazione da quella famiglia di 'ndrangheta e che non si è piegato davanti alle intimidazioni ed ai danneggiamenti continui, è calabrese, come Gratteri. Due persone determinate a non piegarsi alla malapianta.
Rolando ha sempre denunciato senza cedere ai tentativi di annientarlo che non si sono mai fermati da parte di quei parenti che hanno visto come un “onta” la sua scelta di rifiutare la vita da 'ndranghetista. Una vita segnata dal lavoro e dalla dignità di chi vive del sudore della propria fatica quotidiana. Una vita segnata anche da uno Stato che per troppo tempo è stato cieco, con alcuni magistrati, a Savona. Quella 'ndrangheta in carne ed ossa, che in quella provincia viveva ed operava, non la si voleva vedere e quando Rolando bussava alle porte per denunciarla si sentiva dire “non ci interessa” o “ma cosa vuole?”. Il tempo è cambiato, gli uomini dello Stato sono cambiati e Rolando è stato ascoltato.
Ieri sera, dopo aver raccontato tutto ciò che sapeva a chi di dovere, era lì davanti a Gratteri che ascoltava quelle poche parole, in quei pochi istanti, che per Rolando segnano l'attesa di Giustizia e che lascieranno spazio ad un abbraccio, tra due persone con la testa dura, due veri calabresi, che la 'Ndrangheta la combattono da una vita, chi dal Palazzo di Giustizia di Reggio Calabria e chi nel proprio cantiere sulla cima di una montagna dove troppe complicità gli hanno portato via, in un giorno di pioggia, anche il giovane figlio, Gabriele.