<Quei 700 milioni dissequestrati con tre intestatari di massoni....>
Savona - Rimuovere, dimenticare, distruggere, isolare.
Oppure screditare il "nemico" con malignità e carognate. Praticando fino ai
nostri giorni l'ostracismo. Nella sesta puntata della "Teardo story",
zigzagando lungo il suo percorso, ci soffermiamo su alcuni personaggi che
ebbero un ruolo, anche di primo piano, nella vicenda iniziata ufficialmente il
4 novembre 1981.
Il primo esposto di
Renzo Bailini, del 17 ottobre, un
sabato, indirizzato al procuratore capo della Repubblica,
Camillo Boccia, va
smarrito. Riproposto il 27 ottobre, indirizzato questa volta al sostituto
procuratore
Filippo Maffeo, viene registrato in Procura negli "atti relativi
a...". Maffeo allora giovane magistrato (alle spalle un'esperienza nel gruppo
consiliare della democrazia cristiana di Loano), poi giudice istruttore del
tribunale con inchieste che fecero clamore (la scoperta dei primi coca-party in
provincia di Savona). Da magistrato inquirente fu il primo a disporre indagini
su logge massoniche "coperte" o "riservate" nel savonese. Non è mai stato
considerato un "giudice" o un "pretore" d'assalto, anche nella sua esperienza
alla pretura di Albenga.
Filippo Maffeo da anni lavora alla procura della Repubblica
di Imperia, ma non sono mancati, proprio nel savonese, i tentativi di colpirlo.
Con esposti, anche anonimi. Obiettivo non dichiarato? Delegittimarlo.
Michele Del Gaudio (con
Francantonio Granero fece deflagrare
l'inchiesta) ha pubblicamente dato atto, nel libro "La toga strappata" (Pironti
editore) del ruolo del collega
Maffeo:
<....non so se ti ho mai parlato di
Filippo, un ragazzo preparato ed onesto, con cui mi sono spesso consigliato.
Senza di lui il processo Teardo non si sarebbe mai fatto. Con grande umiltà si
è sobbarcato tutto il carico dell'ufficio ed in particolare la gestione dei
detenuti, pur di consentirci di lavorare a tempo pieno sullo scandalo delle
tangenti. Grazie Filippo>.
Un passo indietro. Del Gaudio nel ricordare la Teardo bis ha scritto:
<...Sulla
seconda fase dell'inchiesta - finirà tutto in una bolla di sapone per le cause
più disparate ndr - che ha ormai superato di gran lunga le 120 mila
pagine della prima, dovrebbero lavorare a tempo pieno almeno tre giudici
istruttori. Ed invece Filippo Maffeo è stato trasferito senza essere
sostituito>.
BAILINI BERSAGLIO MA CHI L'HA DIFESO?
Come promesso avremo modo di ricordare chi non lasciò
Bailini da solo in quegli anni difficili. E' quasi la storia di un topolino che
lotta contro un elefante. Eppure...
Renzo Bailini, giovane pubblicista, corrispondente nel
ponente de Il Lavoro, una breve esperienza in massoneria, aveva
"preparato" il terreno per l'assalto alla "fortezza Teardo" inviando in
precedenza una lettera a
Sandro Pertini:
<Caro Presidente, in Liguria c'è
gente che fa affari sotto il simbolo del Psi....> Seguiva una sfilza di nomi,
di indirizzi, di cariche.
A questo punto una rivelazione inedita.
Renzo Bailini
l'esposto contenente i nomi di Teardo, Leo Capello, di altri socialisti e di
imprenditori, parlando di soldi che arrivavano al
Savona Calcio, avrebbe potuto
inoltrarlo mesi prima. Fu necessario attendere che andasse a buon fine un
tassello. E le previsioni si avverarono senza sorprese.
Era fuori dubbio che l'esposto, una volta sul tavolo del
magistrato col potere di disporre indagini, avrebbe avuto "vita breve" e un
epilogo quasi scontato.
Altra parentesi di chiarimento. Ecco cosa ha scritto
Del
Gaudio, sempre nel suo libro:
<L'esposto dal tavolo di Maffeo passa al
procuratore capo Boccia. E qui inizia il bello. Boccia che fa? Non chiama
Bailini, non apre le indagini, ma chiede a Leo Capello, presidente del Savona
Calcio, di fare una capatina nel suo ufficio. Capello non sembra avere problemi
a spiegare l'origine del finanziamento, una settantina di milioni. Il
procuratore gli crede sulla parola e decide l'archiviazione>.
Davanti all'ufficio del procuratore c'erano i
cronisti. Di questo abbiamo già scritto, con Boccia che annuncia
l'imminente archiviazione, dopo che Capello aveva dato
<esaurienti spiegazioni
sull'origine dei soldi>.
IL FUOCO DI SBARRAMENTO
Abbiamo parlato del "fuoco di sbarramento amico"
(autunno-inverno 1981-'82) che si scatenò contro Il Secolo XIX, direttore
Tommaso
Giglio, contro l'autore di una serie di articoli (
Luciano Corrado) che poteva
contare sulle informazioni dirette dello stesso
Bailini. Comunicati stampa al
vetriolo, accuse di dare la caccia alle streghe, di essere al servizio di forze
oscure, di mestare nel torbido, di voler bloccare un partito socialista in
grande crescita, di essere nemici dello sviluppo economico e di
quell'imprenditoria che dava slancio a Savona e provincia, di essere
qualunquisti e disfattisti. Insomma i peggiori, in desolata compagnia (allora)
con l'
Unità e il collega
Ennio Remondino di "Paese Sera" (ora inviato Rai).
Quel modo di attaccare chi fa libera informazione, pur tra
mille limiti e difetti, sotto alcuni aspetti si ripropone anche ai nostri
giorni. Con nuove alleanze trasversali, alcune forse in buona fede, gestite da
un manipolo di studi professionali e centri di potere non proprio misteriosi.
Siamo fiduciosi, la storia ci aiuterà anche questa volta. Il tempo "è
galantuomo"?
CHI BLOCCO' L'ARCHIVIAZIONE ?
Senza la presenza all'Ufficio Istruzione del tribunale, come
capo facente funzioni, di
Antonio Petrella, probabilmente il teardismo (che non
aveva solo aspetti negativi, bisogna riconoscerlo, quantomeno per la forza
d'urto politica contro l'immobilismo che esprimeva in Regione) sarebbe ancora
vivo e vegeto. I suoi adepti glorificati.
Non poteva certo un timoroso ed onesto
Michele Del Gaudio
imporre il suo "veto" all'archiviazione. Ci pensò, com'era nei suoi poteri, il
consapevole
Petrella.
Non siamo gli unici a conoscere come andarono le cose in
quei giorni. Petrella aveva un amico caro, di cui si fidava, ed al quale
confidava i suoi tormenti sul lavoro. Quelli vissuti nel periodo che lo videro
alla procura della Repubblica, con
Camillo Boccia capo ufficio, e
Giuseppe
Stipo, sostituto come lui.
E l'intuizione sulla sorte di quell'esposto che doveva
segnare una svolta storica nella politica e nella pubblica amministrazione
della nostra provincia, è uno degli architravi. Per ora non diciamo altro, per
aggiungere che un magistrato molto serio e preparato come Petrella (morto
a 46 anni il 23 marzo 1992, lasciando la moglie,
Marisa Chianura ed i figli
Giambattista
e
Valerio, di 17 e 16 anni) finì sotto procedimento disciplinare , voluto dal
ministero della Giustizia, assolto dal consiglio superiore della Magistratura.
Petrella aveva segnalato a chi di dovere certi fatti, aveva
pure scritto una durissima sentenza istruttoria sul modo (pessimo) in cui
furono coordinate e fatte le indagini, sulle "
Bombe di Savona" chiamando in
causa lo stesso collega
Camillo Boccia. Che, a sua volta, si difese attaccando.
Antonio Petrella estese le sue critiche ai servizi segreti e
alla polizia, mentre risultò che i carabinieri di Savona furono messi in
condizione di "non nuocere".
LE CRONACHE DI QUEI GIORNI
Soltanto la pubblicazione di un libro consentirà di offrire
al lettore un'informazione più ampia, completa. Leggendo le cronache locali
sembrava di vivere in due mondi. Uno che diffamava, calunniava, l'altro che
difendeva gli onesti, gli innocenti messi ingiustamente alla gogna. Citiamo
pochi titoli apparsi inizialmente su La Stampa-Savona di
quei giorni.
Teardo: <In questa vicenda, io non c'entro. Sono semmai una
vittima>. <Il presidente della Regione si presenta al magistrato, subito
chiarezza. E' un'azione strumentale>. <Contro Teardo solo esposti
anonimi>. <Teardo smentisce, querela, attacca...>. <Teardo, contro di
me ci sono solo calunnie>.
In questo clima il 3 gennaio 1982, Il Secolo XIX pubblica la
notizia che
<il dottor Francantonio Granero è il nuovo dirigente dell'ufficio
istruzione del tribunale di Savona, uno degli incarichi più delicati e pesanti
nell'attività giudiziaria. Granero, 41 anni, origine savonese, ha preso il
posto del collega Antonio Petrella che aveva espressamente chiesto un
avvicendamento. Petrella, giudice mai chiacchierato, ha dato prova di grande
serietà, rigore, e soprattutto indipendenza, portando avanti la linea del
dottor Renato Acquarone. Il dottor Granero, già pretore a Savona, poi destinato
al tribunale "civile" e alla "giudicante" (collegio di tre giudici durante le
udienze) è un magistrato stimato e rigoroso....>
AGGUATO A BAILINI E GIUDICI ISOLATI
Ripercorriamo per sommi capi e in modo parziale il capitolo
"tempi duri" per chi si era esposto contro il "
potere Teardo". Precisando che nulla
ha mai provato connessioni, responsabilità. Mai penalmente, moralmente forse,
politicamente è invece scontato che alcune forze riuscirano a farla pagare
cara, e in modo trasversale, sotterraneo, a giudici, inquirenti, giornalisti.
Con un messaggio per chi restava, in gran parte attraverso la
"normalizzazione", lenta, graduale, invisibile. Vedi (ritaglio dell'agguato a
Bailini....) con due servizi. Il primo di
Luciano Corrado [vedi .pdf], il secondo
[vedi .pdf]
di
Franco Manzitti, allora al Secolo XIX dove comincia ad incrinarsi la
figura di colui che aveva "colpito".
Il Secolo XIX-Savona scriveva il 13 giugno 1986:
<....Era
facile prevedere quali sarebbero state le conseguenze pratiche e di immagine,
della paralisi della più grossa ed inquietante inchiesta della storia
giudiziaria savonese. Anzichè rafforzare l'ufficio istruzione del
tribunale, si è favorito il suo indebolimento. La partenza del giudice Maffeo
era stata parzialmente surrogata dopo otto mesi, e sulle spalle dei
giudici istruttori Granero e Del Gaudio erano rimasti altri 900 processi da
istruire. Con la Teardo-bis
che registrava oltre cinquanta indiziati di reato, tra essi sei ex sindaci, un
sindaco in carica, tre ex presidenti dell'Iacp, undici ex assessori
comunali, novi pubblici dipendenti, due avvocati, tre architetti, tre
ingegneri, quattro geometri, un vice presidente di banca, quattro ex
presidenti di enti pubblici di secondo grado, sette imprenditori, un ex
maresciallo di polizia, un comandante dei vigili urbani, un commerciante di
petroli, un segretario di sezione. Non è - rimarcava Il Secolo XIX - una
lista di autorità, professionisti ed esercenti da invitare ad una cerimonia, ma
il variegato elenco delle più significative rappresentanze della cosiddetta
Teardo-bis, informate con una comunicazione giudiziaria che nei loro confronti
era in corso un'indagine penale>.
IN TRIBUNALE DUE FAZIONI
I cronisti che frequentavano Palazzo di giustizia non
possono dimenticare che, tra i giudici, si erano formare due correnti di
pensiero. Una, che poi prese a quanto pare il sopravvento, sosteneva che
continuare quella mole di indagini era inutile, quasi tempo sprecato, visto che
nel troncone principale erano finiti i reati maggiori e tutti i "pesci" più in
vista. Inoltre dietro l'angolo c'era la prescrizione e ancora lo smantellamento
da parte dello Stato dell'apparato investigativo messo in piedi da Granero, Del
Gaudio, dall'infaticabile e coraggioso colonnello dei carabinieri
Nicolò Bozzo,
dalla Guardia di Finanza e con l'aiuto del questore
Pietro Sgarra.
Sta di fatto che (siamo alle soglie dell'estate 1986)
Granero dal primo giugno sceglie di andare a lavorare a Roma. Si sa già che a
settembre Del Gaudio dovrà prendere servizio a Genova, con l'arrivo del nuovo
capo dell'ufficio,
Maurizio Picozzi. Tutto finisce sulle spalle del solo
Emilio
Gatti <che malgrado la professionalità e la buona volontà non potrà fare
miracoli>.
Sempre da Il Secolo XIX-Savona:
<Stando cosi le cose non
è difficile prevedere la sorte della Teardo-bis. Un'inchiesta che per la sua
rilevanza sociale meritava ben altra considerazione>.
Il 24 settembre 2006, Il Secolo XIX:
<Granero e Del
Gaudio avevano chiesto il trasferimento di fronte all'impossibilità di poter
condurre, con serenità e disponibilità di mezzi adeguata, la Teardo-bis con 58
imputati di associazione mafiosa, corruzione, estorsione, interesse privato in
atti d'ufficio. I due giudici dopo aver segnalato il loro caso all'Associazione
magistrati, ufficialmente rimasta in silenzio sia a livello locale, sia
regionale, avevano sollecitato il trasferimento>.
Sul fronte politico, soltanto un intervento (interrogazione
parlamentare) da parte della Sinistra indipendente che parlava di
<emarginazione
e discriminazione all'interno dell'ufficio giudiziario di Savona nei confronti
di Michele Del Gaudio....come emerge anche da un articolo pubblicato sul Corriere
della Sera il 14 giugno scorso>.
Seguì un'intervista, j'accuse, dello stesso
Del Gaudio, a
Marcello
Zinola. Un'intera pagina del Secolo XIX che sollevò ulteriori lacerazioni in
tribunale. Giudici contro giudici. E' il caso di precisare che chi non era
d'accordo con
Del Gaudio non significa che fosse dalla parte di
Teardo e soci.
LA
RIVINCITA (MORALE) DI MICHELE DEL GAUDIO
Un
Del Gaudio messo in condizione di non nuocere, si
prese una serie di rivincite. Siamo nel luglio 1982, l'ormai ex giudice
istruttore, intervistato da
Marcello Zinola alla presentazione del libro "La
toga strappata" sostiene:
<E' stato un clamoroso errore giuridico aver
assolto il clan Teardo dall'imputazione di banda mafiosa. Esclusa a Savona
perché alcuni imputati furono prosciolti dall'attentato dinamitardo (ponte Le
timbro dove stava lavorando l'impresa Damonte di Albenga-Alassio ndr), in
appello si arrivò all'insufficienza di prove e all'esclusione dell'accusa di mafia
perché non sussisteva l'omerta. La Cassazione ha invece sancito che l'omertà
sussisteva ed erano carenti alcune motivazioni. Gli atti tornarono a Genova in
Corte d'appello la quale ha concluso che l'intimidazione esisteva , non
derivava però dal vincolo associativo bensi dal potere che incuteva il pubblico
amministratore. Poichè le minacce avvennero sino ad un paio di giorni prima
dell'entrata in vigore della nuova legge non si poteva condannare per mafia. Mi
chiedo perché il procuratore generale non fece ricorso!>
Tra gli interventi, ricorda il cronista nel suo pezzo,
quelli del poeta
Enrico Bonino, gli avvocati
Angelo Luciano Germano e Francesco
Di Nitto,
Oreste Roseo,
Bruno Marengo. Presenti il sindaco e l'ex sindaco di
Savona.
I MISTERI DI SAVONA
Il 4 dicembre 1993, Il Secolo XIX-Savona pubblica il
resoconto
[vedi .pdf], a firma di
Marcello Zinola, di un incontro dibattito di
Michele
Del Gaudio con gli studenti del liceo Chiabrera. Un pezzo-capolavoro, tutto da
rileggere e non dimenticare. In parte sempre attuale. Istruttivo. Riportiamo
soltanto due "chicche", eloquenti. Sulla massoneria,
Del Gaudio disse:
<Parlare
di massoneria a Savona significa scontentare molti. C'erano massoni nelle
commissioni tributarie.....>. E sulle Ammiraglie, per le quali "Trucioli" nel
2006 aveva riprodotto tutte i servizi pubblicati dal Secolo XIX (a firma di
Luciano
Corrado), come esempio di inchieste giornalistiche approfondite,
Del Gaudio di
fronte a centinaia di studenti aggiunse:
<Non credo che Teardo abbia perso
tutto quello che aveva....sulla vicenda Ammiraglie (nuovi palazzi sorti
nell'Oltreletimbro ndr) avevamo trovato un conto corrente di 700 milioni con
tre intestatari di gruppi massonici-politici. Ci venne dissequestrato in buona
fede. Se fosse rimasto sotto sequestro...>. E' ormai storia e purtroppo senza
contradditorio.
Luciano Corrado