CAVIGLIA IERI, CAVIGLIA OGGI DA DETENUTO (ASSOLTO) A VICE SINDACO
Gli ex soci di Teardo occupano ancora posizioni di potere,
cariche pubbliche, si sono riciclati? I condannati no, tra gli assolti
(con motivazione diverse) la risposta è sì. Eppure poco o nulla, almeno su
certi metodi, è cambiato. Scriveva il giudice che motivò la sentenza, Vincenzo
Ferro (con i colleghi Fiumanò e Avolio): <La lottizzazione politica appare
certamente un sistema deprecabile se raffrontato con i principi della buona
amministrazione, in quanto tutt'altro che idoneo a garantire la collocazione
della "persona giusta" al "posto giusto". E' un sistema generalizzato su scala
nazionale>. Si da atto a Caviglia che pur "sponsorizzato" e con requisiti
precari per la presidenza della Camera di Commercio, <l'ente è rimasto
un'oasi unica dalla contaminazione che aveva pervaso ed inquinato la vita
amministrativa savonese>. Caviglia massone? <Non è reato...> Nel
complesso la fotocopia di un'attualissima realtà savonese dove la sinistra è al
potere, ma anche dove governa Forza Italia e "soci".
SAVONA - Lungo il cammino della "Teardo story" , giunti
all'undicesima puntata, sono frequenti le segnalazioni di chi ci chiede: dove
sono finiti i protagonisti (25 i processati nella
Teardo 1, la
Teardo-bis è invece
naufragata) di quella vicenda? Occupano ancora posizioni di potere?
cariche pubbliche? Si sono riciclati?
Diciamo subito che nessuno dei condannati, con sentenza
passata in giudicato, ricopre ruoli nella pubblica amministrazione. Anche
perché è stata comminata la pena accessoria di interdizione perpetua dai
pubblici uffici.
Diverso il discorso per chi è stato assolto, in qualche caso
magari con la formula (allora esistente) dell'insufficienza di prove, per uno o
più reati contestati.
Merita di essere segnalato il caso di
Pierluigi Bovio,
architetto, sindaco comunista di
Borghetto S. Spirito, che condannato in primo
grado a 4 anni e 4 mesi, ma assolto in appello ed in Cassazione con formula
ampia, è rimasto "lontano" non solo da incarichi istituzionali, ma anche dalla
vita politica attiva. Una rarità.
Nel capitolo che affrontiamo in questa puntata il
protagonista è
Paolo Caviglia, 66 anni, già funzionario della Regione,
scagionato in primo grado (il Pm chiese 4 anni e 6 mesi per associazione
a delinquere di stampo mafioso), poi in appello a Genova, con la conferma della
Suprema Corte, oggi riveste un ruolo di spicco sia nella vita politica (al
vertice provinciale del Psi), sia nelle istituzioni (è vice sindaco del
Comune
di Savona). Un ruolo pubblico che ha conquistato con le elezioni dei candidati
al "parlamentino" locale, dunque il consenso popolare.
Appare inutile, per una serie di ragioni, pubblicare sia gli
interrogatori di
Caviglia, sia le carte della pubblica accusa e del rinvio a
giudizio. Anche perché trattasi di un cittadino che ha subito oltre due anni di
detenzione (tra Badecarros, in Sardegna, Sanremo e in ultimo ai domiciliari,
tra il 2 settembre 1983 con l'arresto e la scarcerazione, 8 agosto 1985) senza
una condanna definitiva, pagando un prezzo durissimo sotto l'aspetto umano,
morale e famigliare.
SCRISSE LA
MOTIVAZIONE UN GIUDICE INDISCUSSO
Ci sembra utile ripercorrere la "storia" giudiziaria di
Caviglia, nell'ambito del ciclone
Teardo, pubblicando i passi salienti della
motivazione della sentenza di primo grado, a Savona sull'imputato
Caviglia.
Motivazione scritta, con una serenità di giudizio
unanimemente riconosciuta, dall'allora giudice estensore
Vincenzo Ferro, un
savonese, classe 1935, che proprio in questi giorni ha concluso "senza ombre"
la sua lunga carriera di servitore dello Stato e della giustizia. Al tribunale
di Savona ha lavorato alla sezione civile, sezione penale, sezione
fallimentare. Tra le sue mani sono "passati", come si suole dire, vicende,
cause, processi delicatissimi, difficili, dirompenti.
Chi ha seguito la sua attività da cronista di giudiziaria
non può dimenticare la complessità ed il ruolo che
Ferro ebbe, ad esempio, nel
"giallo
Mario Berrino", il noto pittore di
Alassio al centro di un sequestro
assai anomalo. Uno dei grandi "buchi neri" della storia savonese.
Ignorato. Come per le "bombe di Savona" anche il periodo, ironia della
sorte, coincide.
Ferro, come giudice istruttore (svolse minuziosi
sopralluoghi sui luoghi dell'asserita prigione e sui percorsi dal giorno del
rapimento); ordinò anche l'arresto di
Berrino, un cinque novembre, al termine
di una drammatica mattinata. Il pittore di fama internazionale è stato forse la
sola persona che ha descritto in termini di biasimo e non solo, l'operato del
giudice
Ferro (leggi pagina 28 e 29 del libro "
Mario Berrino" (Il giallo Berrino)
terza edizione).
Vincenzo Ferro dalla prima sezione civile della Corte
d'appello, passò alla prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione,
infine è tornato a Genova a presiedere la prima sezione civile della Corte
d'appello.
Chiusa questa parentesi doverosa, per ricordare un "valoroso
ed integerrimo magistrato", torniamo al personaggio
Caviglia, negli atti
scritti proprio da
Ferro.
CHI ERA CAVIGLIA E CHI LO ACCUSAVA
Paolo Caviglia, a pagina 8, della motivazione di primo grado
viene definito <pubblico amministratore, presidente della
Camera di
Commercio per volontà di
Teardo, presidente dell'
Azienda Consortile dei
Trasporti Savonesi (Acts), interessato ad attività societarie afferenti
all'associazione...>. Ovvero l'imputazione principale e più grave di
<associazione
a delinquere ed associazione di stampo mafioso>.
La prima volta che venne contestata in Italia a pubblici
amministratori-pubblici ufficiali, ma questo aspetto è sparito da tutte le
ricostruzione storiche di giornali e tivù, Rai compresa. Associazione mafiosa,
caduta per diversi imputati condannati, perché l'ultimo attentato ad un
cantiere (ponte sul Letimbro) dell'impresa
Damonte di Alassio avvenne alla
vigilia della nuova legge che avrebbe comportato l'aggravamento della posizione
degli imputati accusati di "mafiosità". Accusa affrontata anche in Cassazione
che demandò il giudizio finale ad una nuova sezione della Corte d'appello di
Genova. Escluse la mafia, con una serie di palesi contraddizioni, messe bene in
risalto dal giudice
Michele Del Gaudio nei suoi libri.
Agli atti del processo di Savona, quello della sentenza che
oggi illustriamo, figura difensore di
Caviglia l'avvocato
Giorgio Finocchio di
Borgio Verezzi.
Ecco la motivazione scritta nei confronti di
Paolo Caviglia.
Inizia a pagina 399 con queste parole: <Nell'esame della posizione
dell'imputato occorre, preso atto dell'assenza originaria di imputazioni
specifiche diverse da quella di associazione per delinquere e di associazione
di tipo mafioso,analiticamente considerare gli elementi, particolarmente
numerosi, indicati come sintomatici nel provvedimento di rinvio a giudizio
(firmato da
Michele Del Gaudio e
Francantonio Granero ndr) e nella requisitoria
del Pubblico Ministero (era
Michele Russo ndr) per verificare se in alcuno di
essi, pur in difetto di rilevanza penale autonoma, siano riscontrabili estremi
di contributo alla attività dell'associazione criminosa.
NOMINATO NON PER MERITI MA PER SCELTA DI TEARDO
Il dato più importante è ravvisabile nella nomina del
Caviglia
a Presidente della
Camera di Commercio di Savona rispondente ad una scelta di
ordine essenzialmente politico espressa dal Psi, volta ad assicurare a tale
partito una delle cariche di rilevanza politica in sede locale, e sostenuta
nelle opportune sedi dal
Teardo quale autorevole esponente del partito stesso.
Esclusa la sussistenza nella linea di condotta seguita dal
Teardo dei connotati
tipici dell'intimidazione mafiosa (il tribunale non ha condiviso la tesi accusatoria
dei giudici istruttori ndr), devesi riconoscere che ci si trova in realtà in
presenza di un palese episodio dell'ormai comune fenomeno della lottizzazione
politica, cioè di quel sistema di distribuzione delle cariche pubbliche che è
ispirato alla creazione e al mantenimento di determinati equilibri di potere
tra le varie forze politiche.
Tale e non altro (alla stregua delle parole del
Teardo
all'imprenditore
Andrea De Filippi) sembra essere stato il titolo del
Caviglia
alla nomina alla presidenza di un ente dotato di ampie competenze promozionali
e consultive in materia economica. Anzi, il significato di tale nomina è andato
al di là delle persone del
Caviglia e del
De Filippi, in quanto la scelta del
primo a preferenza del secondo si è tradotta nella designazione di un
presidente di estrazione e formazione burocratica anziché di un presidente di
estrazione e di esperienza imprenditoriale.
La cosiddetta lottizzazione politica, in se stessa
considerata, appare certamente un sistema deprecabile se raffrontato con i
principi della buona amministrazione, in quanto tutt'altro che idoneo a
garantire la collocazione della "persona giusta" al "posto giusto".
E' chiaro che questa valutazione viene qui formulata in
termini generali, e non implica alcuna risposta negativa al quesito,
processualmente irrilevante, se il
Caviglia fosse o meno dotato delle qualità e
di competenza richieste dalla carica. Importa qui rilevare che, proprio perché
il sistema sopra descritto si presenta caratterizzato da diffusione generalizzata
su scala nazionale e risponde ad esigenze ed interessi di ordine politico di
ampia dimensione, non è ravvisabile alcuna connessione tra siffatta, meno
corretta, forma di esercizio del potere politico, in se stessa considerata, e
il perseguimento delle finalità dell'associazione criminosa tendente alla
realizzazione di profitto patrimoniale mediante penetrazione di reati contro la
pubblica amministrazione.
CAMERA DI COMMERCIO: OASI INCONTAMINATA
Tengasi presente, tra l'altro, che nessuna specifica illegalità
è emersa in ordine all'attività della
Camera di Commercio, rimasta - almeno a
quanto consta - oasi immune dalla contaminazione che pare aver pervaso e
inquinato la vita amministrativa savonese.
Perciò, la posizione assunta dal
Caviglia nella
Camera di
Commercio, pur politicamente qualificata e condizionata dalla posizione di
potere di
Teardo, non è comparabile sotto il profilo che qui interessa, con
quello di un
Abrate, di un
Sangalli, di un
Borghi in seno ad altri enti
pubblici.
Non è necessario accertare, ai fini della presente
decisione, se la procedura relativa alla nomina di
Caviglia si sia svolta nel
rispetto della più rigorosa legalità. E risulta poi irrilevante che il
Caviglia
sia assurto a cariche direttive di alcune imprese parastatali, verosimilmente
alfine di acquisire una parvenza di imprenditorialità in vista della presidenza
della Camera di Commercio stessa. Non in virtù di proprie attitudini
culturali e professionali, ma essenzialmente in forza di indicazioni politiche,
ancora riferibili al
Teardo, ma non riconducibili, fino a prova diversa, a
manifestazioni di quella "illegalità diffusa" di cui si parla nel provvedimento
di rinvio a giudizio.
ATTIVITA' A FINALE LIGURE DISCUSSE, MA LECITE
Il
Caviglia ha occupato la carica di consigliere comunale,
capogruppo consiliare del partito socialista, nell'amministrazione del
Comune
di Finale Ligure, a fianco del sindaco
Lorenzo Bottino, nel periodo in cui la
vita amministrativa di quel Comune è stata tormentata dalle vicende edilizie
che hanno formato oggetto di numerose inchieste.
La presenza di
Caviglia non può tuttavia essere interpretata
in senso criminalmente strumentale al pagamento della tangente di 300 milioni
di lire in relazione alla lottizzazione di
San Bernardino, per la semplice ragione
che di siffatta tangente manca la prova. Che la presenza di
Caviglia vada
ricollegata alle numerose irregolarità edilizie che si sarebbero
verificate in quel periodo è ancora da dimostrare; inoltre la persona del
Caviglia non risultà, né alla stregua della sua funzione, né alla luce del
contenuto delle notizie raccolte.
Circa l'appartenenza occulta del
Caviglia alla società che
gestiva
Il Covo e la pizzeria
Mamma Mia, si possono formulare considerazioni
analoghe a quelle già svolte a proposito di
Bottino, in ordine alla non
compatibilità deontologica fra lo svolgimento di attività commerciali a
siffatti livelli e la qualità di pubblico amministratore, alla quale devesi
aggiungere per il
Caviglia, la non compatibilità giuridica di qualsiasi
attività commerciale svolta in prima persona rispetto alla qualità di
funzionario presso la
Regione Liguria. Ma la partecipazione, tra l'altro, più che
formale, ad un'attività per sua natura non illecita in se stessa, non significa
imprenditorialità illegale...
Altro problema è quello della eventuale illecita provenienza
del capitale impiegato dal
Caviglia...ma va sottolineato che in dibattimento non
sono emerse condotte caratterizzate da rilevanza penale. E va rimarcata
l'estraneità del
Caviglia all'articolato sistema societario del quale il
Teardo, il
Capello, il
Gaggero ed altri imputati si servivano per il reimpiego
dei profitti illecitamente conseguiti.
MASSONE ISCRITTO A DUE OBBEDIENZE
Circa l'affiliazione ad una loggia massonica non
occorrerebbe spendere ulteriori parole a quanto già osservato al
proposito in termini più generali.
Merita tuttavia di essere segnalata la gratuità del
riferimento al passaggio del
Caviglia da una all'altra obbedienza del
quale non si desume alcuna prova, né dalle dichiarazioni dell'imputato, né da
alcuna altra fonte processuale.
Il "ritenuto dimostrato legame di
Caviglia con
Federico
Casanova, peraltro citato soltanto in ordine alla gestione calore
dell'
Iacp alla cui attività
Caviglia è sempre rimasto estraneo, si fonda sulle
dichiarazioni del teste
Minuto il quale ha dichiarato di aver sentito dire dal
Casanova che
Caviglia era stato gratificato con buoni benzina gratuiti per 2000
litri di carburante. La prova non esiste.
Come pure l'asserito interessamento del
Caviglia ad una
lottizzazione nel
Comune di Pietra Ligure alla quale erano interessati gli
imputati
Bongiorni e
Vadora.
Non risulta che il
Caviglia si sia avvalso
scorrettamente della sua carica, conseguita certamente e ancora una volta
in funzione politica, di presidente dell'
Acts...
Del fatto di essere stato tramite per il passaggio della
somma di tredici milioni e mezzo proveniente da
Teardo, il
Caviglia ha dato una
spiegazione che non ha avuto prova contraria e dunque credibile.
I movimenti bancari facenti capo al
Caviglia, infine, non
paiono tali da destare particolare sospetto. In particolare non si può
condividere l'assunto del giudice istruttore secondo cui essi sarebbero già di
per se sintomatici della volontà di nascondere la natura dell'operazione e la
provenienza del denaro, ma nulla è emerso nel rapporto finanziario tra
Caviglia
e
Capello, cassiere del clan>.
Luciano Corrado