TANGENTI, I DANNI CHE LO STATO CHIESE A SETTE CONDANNATI
Pubblichiamo l'articolo scritto su "
il Giornale" di domenica
14 maggio 1995. Ricostruisce la sentenza della Corte dei Conti che pretese un
risarcimento di un miliardo e 300 milioni. A cui bisogna aggiungere le spese
della giustizia penale, diverse decine di milioni, ma soprattutto le parcelle
legali (63 avvocati) che ammontarono a miliardi. In qualche caso ci furono,
infatti, quattro gradi di giudizio.
Genova - Lo Stato presenta il conto ad
Alberto Teardo e alla
sua "banda". Un conto a nove zeri che condanna l'ex presidente della Regione
Liguria ed altri sei suoi amministratori a versare un risarcimento miliardario
nella Casse dell'Istituto autonomo case popolari (Iacp) di Savona e di alcuni
enti locali della Liguria, danneggiati dal più grande scandalo
politico-affaristico della Riviera Ligure.
[leggi anche ALBERTO TEARDO Se tre anni di galera vi sembran
tanti ... di Sebastiano Messina .pdf]
Dopo la magistratura ordinaria anche i giudici contabili
condannano Teardo e soci. Con una motivazione di 150 pagine la Corte dei Conti compila il
lungo elenco delle ruberie che nell''83 portarono dietro le sbarre l'ex
presidente socialista della giunta di via Fieschi ed i suoi compagni d'affari.
Adesso a distanza di 10 anni i magistrati sollecitano la
restituzione del bottino raccolto a suon di bustarelle estorte alle imprese che
cercavano di aggiudicarsi gli appalti indetti dalla pubblica amministrazione.
Una goccia nel mare della corruzione come specificano gli
stessi giudici della Corte:
<I fatti oggetto del presente giudizio
costituiscono solo una parte dei più numerosi ed inquietanti fatti oggetto del
giudizio penale>.
Alberto Teardo non sarà il solo a dover mettere mano al
portafogli. Insieme a lui indiscusso capo del sodalizio criminoso che gli è
costato oltre 5 anni di galera, sono stati condannati anche
Massimo De
Dominicis, ex assessore all'Urbanistica del Comune di Savona per il Psi;
Marcello
Borghi, ex presidente dell'Iacp ed ex sindaco anch'esso appartenente al
garofano della cittadina di Albissola;
Nicola Guerci,
Domenico Abrate,
Gianfranco
Sangalli,
Roberto Siccardi.
Diversa sorte è toccata a
Pierluigi Bovio, ex sindaco di
Borghetto Santo Spirito che dopo essere stato assolto dalla magistratura
ordinaria, è stato "graziato" anche dai giudici contabili per non aver avuto
alcun ruolo nell'affidamento degli appalti pubblici.
In tutto gli enti derubati dovranno riscuotere oltre un
miliardo e 300 milioni. Spetterà a
Teardo,
Abrate e
Sangalli, restituire la
fetta più sostanziosa della somma: da soli dovranno racimolare un miliardo di
lire, per rimpinguare le casse della Provincia di Savona. Gli spiccioli per un
totale di 300 milioni diviso in somme di diverso importo a seconda delle
imputazioni dovranno essere sborsati dagli altri amministratori finiti nella
rete tesa dalla Corte dei Conti.
Nel fare i conti in tasca all'ex presidente della giunta
regionale ligure ed ai suoi soci, i giudici contabili hanno seguito alla
lettera i risultati dell'inchiesta penale. La Corte, infatti, in più parti della sentenza fa
proprie le espressioni usati dai giudici d'appello per descrivere il clima di
intimidazione in cui sarebbe maturato lo scandalo.
Soprattutto quando si parla di
Teardo e della sua sconfinata
influenza.
<Nel corso di una continua e non resistibile ascesa- ricordano i
magistrati della Corte dei Conti - era stato facile per l'imputato costruire un
gruppo di persone a lui devote, impegnate nell'estensione del comune potere e
del proprio personale arricchimento>.
Teardo, dunque, era il vero motore dell'associazione a
delinquere:
<La sua posizione politico-istituzionale gli conferiva la
potenzialità di produrre un effettivo condizionamento sia nelle nomine alle
cariche amministrative, sia nell'attività delle istituzioni cui era affidata la
cura dell'interesse della collettività relativo alla realizzazione di opere pubbliche>.
Tutti gli ex amministratori liguri condannati, presidente in
testa, avevano in altre parole trovato il modo di pensare al proprio tornaconto
invece di perseguire l'interesse degli enti pubblici. E per arricchirsi hanno
addirittura messo insieme
<un quadro poliennale - si legge ancora nelle
motivazioni della sentenza - strutturato sistematicamente, nel quale le imprese
svolgevano stabilmente e continuamente la propria attività, finendo con
l'accettare la vessatoria situazione e rendendola compatibile con le
redditività del rapporto-costi-ricavi>.
Le ditte di costruzione, in pratica, erano obbligate a
sottostare ai ricatti di
Teardo e degli altri amministratori, per non essere
esclusi dalla "torta" degli appalti. Il meccanismo messo insieme dall'ex presidente
della Regione aveva trasformato la tangente in un balzello fisso che gli
imprenditori si erano abituati a mettere in conto. La mazzetta, che
generalmente si aggirava intorno al 10 per cento dell'importo globale
dell'appalto, veniva infatti incorporata nell'offerta che
"risultava quindi
maggiorata, con l'aumento dell'onere dell'amministrazione".
Ma alcune tangenti superavano il dieci per cento, arrivavano
fino al 12 , ed in alcuni business fino al taglieggiamento del 15 per cento.
Una sorta di
Iva in nero che ogni ditta appaltatrice sapeva di dover versare
nelle tasche di
Teardo e dei suoi complici. Ora la banda della Riviera dovrà
restituire una parte del denaro sottratto attraverso la ragnatela di appalti e
mazzette con cui taglieggiava il ponente ligure.
Ma la somma, i giudici contabili lo hanno ricordato,
rappresenta una goccia di quanto l'ex presidente della Regione era riuscito a
stipare nella sua cassaforte. Che comunque, tra qualche tempo, sarà un po' più
vuota.
Patricia Tagliaferri
ECCO LE CIFRE
(Che devono versare)
Iacp di Savona
Borghi, De Dominicis, Teardo, 125 milioni
Borghi, Guerci, 14 milioni
Provincia di Savona
Teardo, Abrate, Sangalli
1 miliardo e 40 milioni
Comune di Borghetto
Teardo, 112 milioni
Comune di Savona
Teardo, 11 milioni
Comune di Finale Ligure
Teardo, Siccardi 38 milioni
Leggi anche:
TEARDO, Un caso da studiare dal SECOLO XIX del 1 ottobre 1992