EREDITA'
DEL TEARDISMO, SONO
TORNATI I TEMPI BUI ?
La
sferzante analisi, sempre attuale, del giudice Vincenzo Ferro
In
questa tappa ricostruiamo il ruolo di personaggi secondari (Mauro Testa ed Euro
Bruno) con alcuni retroscena curiosi da Albenga. A confronto anche la figura
dell'appaltatore Iacp, Francesco Filipppone e del big Licio Lombardini.
Il
giudice Ferro, nella motivazione della sentenza al maxi-processo, citava <il
nefasto effetto della diseducazione politica, il deterioramento del clima della
vita sociale, con il più spregevole dei moventi, l'"auri sacra fames"... Il grave
pregiudizio alla credibilità delle istituzioni>.
Infine
eccovi l'incredibile "cappa di silenzio" dopo il libro "Il fallimento
perfetto", di Bruno Lugaro, con i "furbetti" messi in piazza. E poi
frammenti di memoria con articoli de "Il Secolo XIX".
Savona
- Ci sono
personaggi che compaiono nella "Teardo story" indicati, a torto o a ragione, in
quella zona grigia tra politica, malaffare, affari, pubblica amministrazione,
imprenditoria privata, piovra, mani sulla città. Come si è trasformato, negli
anni, il "modello Teardo"? I "tempi bui" sono davvero tornati, come
confermerebbe il "silenzio di tomba" seguito al libro-testimonianza del
giornalista
Bruno Lugaro dal titolo "Il fallimento perfetto"? Dove
si accenna, tra l'altro, all'eredità del teardismo, con nuovi e vecchi attori.
Dove emerge la corrosione di un tessuto sociale e soprattutto di sviluppo
sostenibile. Incoraggiato, rispetto a quei tempi, da una diffusa "assenza"
delle istituzioni.
Rileggendo
l'"affresco-sentenza" che allora scrisse il giudice
Vincenzo Ferro (parlò
di "
auri sacra fames") sono cambiati i metodi, i personaggi, non la
sostanza forse ad opera di un "manipolo di furbetti" che tiene in scacco
Savona, ma anche la provincia, con la sua Riviera ricca di occasioni per far
soldi, tanti, in fretta. Traduzione: cementizzazione con monolocali e bilocali.
Con "presidenti" amici degli amici, sindaci ora compiacenti, ora incapaci. A
discapito di un civile sviluppo che finisce, lo ripetiamo per l'ennesima volta,
per arricchire pochi, impoverire molti e soprattutto sta scardinando le
fondamenta del turismo e dell'agricoltura, dopo aver ucciso le industrie, gli
alberghi, deturpato la risorsa ambientale, saccheggiato il territorio.
In una
precedente puntata abbiamo raccontato stralci di verbali di interrogatorio di
Alberto
Teardo nei mesi successivi al suo arresto e il primo "confronto" tra accusa
e difesa, con la motivazione della sentenza di primo grado a Savona che con le
sue 463 pagine dattiloscritte può essere considerata la "bibbia" della "verità
processuale" (che non è necessariamente la "verità reale") del troncone
principale del maxi-processo. Seguirà, infatti, con ben altra sorte, la
cosiddetta
"Teardo-bis".
Abbiamo,
tra gli altri personaggi, citato la domanda che il giudice istruttore
Michele
Del Gaudio (verbalizzante il maresciallo dei carabinieri, Gianmario
Caletti) fece al detenuto-imputato
Teardo.
In questa
puntata cercheremo di offrire al lettore alcune sfaccettature di quel
mondo, lasciando parlare gli atti (di ieri), ma anche della storia più recente.
Prendiamo
a "campione" due mondi. Quello politico-amministrativo (con
Mauro Testa
ed
Euro Bruno, uscirono scagionati seppure con formule diverse, per
Testa rimase soprattutto una prescrizione di reato alla quale aveva facoltà di
opporsi e non lo fece).
Sull'altro
fronte, un big del mondo degli affari, nel caso il "cosiddetto"
Gruppo
Lombardini (lo ritroveremo anche nelle operazioni edilizie dell'area
portuale di Savona). Su un fronte ancora diverso, un appaltatore che all'epoca
operava con
l'Iacp, definito l'ente più corrotto della provincia. Il suo
nome è sparito dalle cronache, si tratta di
Francesco Filippone.
INTERROGATORO DI
TEARDO
Del Gaudio: legga questo figlietto....
Teardo: <Rimostratemi il foglietto di
appunti n.6 , in cui compare il nome di
Filippone e Bettarini, riconosco
la mia grafia e trattasi di una raccomandazione di certo
Filippone di
Albenga, di origini credo calabresi, che avanza dei soldi dallo
Iacp di
Imperia, ove era direttore
Bettarini. Scrissi questo foglietto in
occasione di una cena elettorale ad Albenga o meglio nella zona di Albenga. Mi
sembra però che non ho fatto la raccomandazione in questione...>.
Del Gaudio: A Lei risulta che
Filippone avesse
rapporti con esponenti del suo partito...ad Albenga, a Savona...
Teardo: <Mai sentito, non ricordo
neppure se avesse rapporti con compagni socialisti del savonese...>.
RETROSCENA DI UNA SMENTITA
Pubblichiamo
[vedi...allegato .pdf] la
lettera che
Francesco Filippone il 15 novembre 1980, aveva inviato al
Secolo XIX. Da essa emergono alcuni fatti. Il giornale pubblicò, anche
con l'apporto di corrispondenze dalla Calabria, vicende che riguardavano
Cittanova (storie di ‘ndrangheta, insomma).
Filippone scriveva e
smentiva chi l'aveva in qualche modo chiamato in causa, a suo dire
ingiustamente ed in modo diffamatorio
.<Lamento e protesto l'assurdo
linciaggio morale di cui sono stato vittima da parte di questo giornale e mi
riservo di agire nei confronti degli estensori degli articoli e del vostro
quotidiano per i danni tutti che mi sono stati provocati, sia morali che
materiali ed economici. ...Preciso di aver inviato al procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Palmi (R.C) il seguente telegramma:
"Illustrissimo procuratore della Repubblica, sbalordito mia incriminazione
confermo tutto quanto dichiarato, poiché corrisponde a verità. Pregola VALUTARE
DISASTROSE CONSEGUENZE SULLA MIA ATTIVITA' LAVORATIVA dovute in vero a
simile imputazione. Chiedo revoca qualsiasi provvedimento a mio carico. Sono
assolutamente innocente...>.
LE POLIZZE AD ALBENGA
All'epoca
della lettera-smentita (fine 1980) non era ancora iniziata alcuna
indagine (accadrà un anno dopo) sull'attività del "
clan Teardo".
Filippone,
per vie misteriose, ottenne il numero di telefono "riservato" del cronista che
firmò alcuni pezzi e gli chiese un incontro urgente. Allo sconosciuto, fino a
quel momento uomo d'affari calabrese, venne spiegato che il giornalista
scriveva in base ad informazioni che riceveva e che arrivavano da colleghi di
Reggio Calabria. Un
Filippone infuriato e minaccioso fece presente che a
seguito degli articoli fu chiamato dalla direzione di una banca di Savona e
c'era il rischio di una revoca dei fidi, tra l'altro doppiamente penalizzante
in quanto lui operava anche con enti pubblici, come l'
Iacp di Savona e
Imperia.
Cosa emerse,
successivamente, nell'ambito del troncone principale della "Teardo uno"?
LE RISULTANZE IN TRIBUNALE
A pagina 38 della sentenza del
tribunale di Savona, si legge dell'imputazione per "interessi privati in atti
d'ufficio in concorso" per gli imputati
Mauro Testa e
Euro Bruno che
Filippone conoscevano, eccome.
<Il Testa - riporta la sentenza
-
nella sua qualità di funzionario dell'Iacp di Savona con la qualifica di
coordinatore amministrativo e di sindaco di Albenga, Euro Bruno quale assessore
supplente dello stesso comune, concorrendo con il Testa, prendevano attraverso la Sas Agem 81,
con sede in Albenga, società di cui erano gli unici soci. Che agiva come
procacciatore di affari nell'interesse della Lara srl, con sede in
Genova. Agenzia di assicurazioni, e riscuotere le provvigioni, un
interesse privato in atti d'ufficio con violazione, da parte del Testa, quale
pubblico funzionario del divieto di esercitare attività commerciale>.
Quale attività? Ancora la
motivazione della sentenza
<facendo stipulare polizze fedejussorie ai
titolari di concessioni ad edificare rilasciate dallo stesso Testa nella sua
veste di sindaco di Albenga, concessionari ai quali concedeva, previe dette
fideiussioni a favore del Comune, facoltà di pagamento rateali degli oneri di costruzione
ed urbanizzazione e facendo stipulare analoghe polizze alle imprese
aggiudicatarie di appalti indetti dallo Iacp di Savona a garanzia dei pagamenti
di legge da parte degli aggiudicatari>.
CHI PAGAVA LE POLIZZE
Chi figurava nell'elenco? Sei di queste
polizze, riporta la sentenza, sono state stipulate da
Francesco Filippone tra
il 24 settembre 1981 ed il 30 settembre 1981.
Vale la
pena rimarcare che si trattò di collaborazione in data successiva agli articoli
di giornale che riportavano notizie poco rassicuranti provenienti dalla
Calabria. E comunque respinte come lesive e diffamatorie dal
Filippone
anche nei confronti dell'Istituzione rappresentata dalla Procura della
Repubblica.
Vicende che non imposero alcuna
prudenza. Non fu in pratica né una remora, né un ostacolo nei rapporti tra
l'imprenditore-appaltatore ed il "gruppo Teardo", con il sindaco
Testa e
l'assessore
Bruno.
Tra le polizze indicate nella stessa
sentenza figurano i nomi di
Andrea Biamonti (ex esponente di spicco del
Pli, poi rifugiato a Cuba dopo aver fatto piangere molti albenganesi che gli
avevano affidato dei risparmi per investimenti), l'imprenditore
Bruno
Giallombardo (una solida posizione e una notevole influenza politica anche
ai nostri giorni),
Giovanni Bonavera,
l'Edilponte di Gravellone &
C., la
Marisol
di Taramasco L. & C., pure con sede ad Albenga. E altri ancora tra i
quali il maggiore appaltatore dell'
Iacp di Savona dell'epoca,
Lorenzo
Tortarolo che poi diventerà tra i maggiori accusatori, ma solo dopo il
"tintinnio di manette" durante un drammatico interrogatorio di nove ore.
L'ASSESSORE SCARCERATO
La sentenza di Savona ricorda che il
3 gennaio 1984 il Tribunale, in sede di appello, concedeva la libertà
provvisoria a
Euro Bruno (ordinanza che veniva poi annullata, dopo il
ricorso del Pm, dalla Corte di Cassazione con sentenza del 23 marzo 1984 per
difetto di motivazione). Il tribunale di nuovo investito dell'esame,
confermava la precedente decisione di libertà provvisoria con ordinanza del
16
maggio 1984>
Euro Bruno veniva infine assolto con la
formula ampia: "il fatto non sussiste". Diversa e più ingarbugliata, come
vedremo, la sorte di
Testa.
A pagina 268 la motivazione della
sentenza spiega ed entra nel merito.
<Possono essere congiuntamente
esaminate le imputazioni di interesse privato in atti d'ufficio a carico di
Mauro Testa al n.39 e 40 del provvedimento di rinvio a giudizio. La prima delle
quali vede coimputato con il Testa, Euro Bruno, mentre la seconda è contestata
a titolo di concorso anche a Roberto Siccardi.
La prima imputazione ha oggetto l'attività del Testa, nella
sua qualità di sindaco di Albenga e di coordinatore amministrativo dell'Iacp
della provincia di Savona e dal Bruno, anche quale assessore supplente del Comune
di Albenga, nella stipulazione di fidejussioni assicurative a garanzia del
pagamento differito , da parte dei titolari di concessioni edilizie rilasciate
dal Comune...per oneri di urbanizzazione...; nonché garanzie di legge da parte
degli aggiudicatari degli appalti banditi dallo Iacp con la società sas
Agem
81 del quale Testa era socio accomandante e Bruno socio accomandatario.
Trattasi di 12 polizze concernenti il Comune di Albenga e 10 concernenti
l'Iacp.
La società di Testa e Bruno agiva quale procacciatore
d'affari per conto della
Lara srl di Genova, di fatto la prima
intrattenendo i contatti con i clienti, la seconda con le società assicuratrici
e venendo suddivisa tra l'una e l'altra la provvigione>.
TESTA E BRUNO SCAGIONATI
Scrive il tribunale di Savona nella
sentenza:
<C'è un errore di data, ovvero va letta fino al 4 settembre
1982, data dell'ultima polizza e non fino al novembre 1982. ...trattasi inoltre
di reato proprio, il quale può essere commesso solo dal pubblico ufficiale e
non sarebbe comunque addebitale agli imputati l'aggravante dell'abuso della
funzione pubblica ai sensi....Ancora al Testa non può essere addebitato la
violazione del divieto di esercizio di attività commerciale, poiché non può
dirsi imprenditore esercente il socio accomandante di una sas, almeno fino a
quando non compia personalmente atti di gestione sociale. E' vero che Testa
partecipava agli utili della società, manca per la sussistenza del reato la
prova di una condotta di strumentalizzazione, di una ingerenza approfittatrice
in vista dell'interesse privato.. Non risulta neppure un eccesso di potere da
parte del Testa nel condizionare le scelte del privato. Per quanto riguarda le
polizze dello Iacp, esse erano firmate da Marcello Borghi e non dal Testa...>.
FORNITURA DI MOBILI AL
COMUNE
A pagina 271 è scritto
: <La
seconda imputazione si riferisce alla fornitura al Comune di Albenga di
arredi per l'ufficio scolastico da parte della Illsa Spa di Saronno deliberata
dalla giunta comunale nella seduta del 5 settembre 1979 con la partecipazione
di Testa in qualità di assessore...in relazione alla fornitura la ditta Roberto
Giordano ha emesso nei confronti della Atex srl di Roma (della quale
Testa e Roberto Siccardi erano soci) fattura per lire 5 milioni 472 mila lire.
Oltre a Iva per 825 mila lire, a titolo di provvigione. La prova che il Testa
nella sua attività fosse preventivamente a conoscenza che avrebbe
ricevuto una provvigione non è stata raggiunta pienamente, pur sussistendo
elementi non privi di rilevanza....tra l'altro la delibera relativa all'Illsa
venne assunta all'unanimità e della pratica si occupò direttamente, per
competenza, un altro assessore, il geometra Danilo Sandigliano, non
coinvolto nell'imputazione>.
Concludendo, assoluzione di Testa e
Bruno dall'imputazione (polizze fedejussorie) con la formula più ampia e
assoluzione del Testa e del Siccardi (fornitura mobili) per insufficienza di
prove.
CONDANNE E ASSOLUZIONE:
PERCHE'?
Il giudice estensore,
Vincenzo Ferro, nelle conclusioni complessive, ha scritto e vale la pena
riproporre quel testo integrale anche per i suoi riflessi futuri, ai "metodi
teardiani", a quel costume politico. A quanto accade ai nostri giorni.
<E' venuto il
momento del giudizio definitivo di merito, affidato ad un convincimento nel cui
ambito non può essere posto a carico del giudicabile a titolo di sospetto o di
congettura o di indizio equivoco, in ossequio a quello che non è solo un
principio di diritto inderogabile, ma anche e soprattutto un irrinunciabile
postulato di civiltà. I limiti che la coscienza del giudice incontra e ritiene
invalicabili non sono già sintomo di una sconfitta che la giustizia
subisce per l'incapacità degli uomini e dei mezzi ad attingere una verità
talvolta sfumata e sfuggente, bensì espressione della validità di un sistema
che non ha bisogno di privare nessuno della tutela garantistica che a tutti è
assicurata, per raggiungere risultati di difesa sociale che possono
adeguatamente soddisfare la coscienza civile>.
E ancora:
<Questa è
anche la risposta a quanto di sottilmente eversivo vi può essere in una
criminalità che tende a costruire la propria impunità ed il proprio
successo sulle incertezze e sulle lacune del diritto positivo,
sull'inefficienza degli apparati, sul disorientamento e sulla sfiducia dei
cittadini....>.
<In questo processo
si giudicano imputati comuni e fatti di delinquenza comune, ai quali
l'ordinamento democratico è in grado di reagire, senza sconfinare dal rispetto
dei diritti di tutti e di ciascuno, in modo sufficientemente energico.
Gli imputati non hanno motivo alcuno di proclamarsi "prigionieri politici"
(tesi che sostennero Teardo e Paolo Caviglia ndr). Nessuno di essi può dolersi
di essere stato condannato per motivi politici. Questa sentenza e questo
processo non sono momenti di lotta politica, ma sono certamente atti di
rilevanza politica, nel senso più ampio e nobile dell'espressione, nella
misura in cui contribuiscono a tracciare la linea di demarcazione tra attività
politica a servizio dei cittadini ed attività criminosa a scopo di ingiusto
profitto di privati>.
Forse è
completezza di informazione osservare che il giudice
Ferro, riconosciuto
come "personalità di grande e profonda cultura giuridica", fedele servitore
dello stato di diritto, ha poi scritto "illuminate sentenze e motivazioni" destinate
a far giurisprudenza, come supremo giudice della Cassazione. Una garanzia per
tutti, in quel processo di Savona che farà storia.
E' ancora
Ferro (con il
presidente
Gennaro Avolio e
Caterina Fiumanò) che traccia
questo ulteriore giudizio-commento complessivo.
IL GIUDIZIO SU IMPUTATI
CONDANNATI
A pagina 432 si legge
: <...gli
imputati (condannati) hanno dimostrato...una particolarmente accentuata
propensione a delinquere. Nessuno di essi si è trovato in una peculiare
situazione di necessità o di occasione, apprezzabile umanamente quale causa
esterna di induzione al delitto, al quale invece i giudicabili sono stati
spinti da una radicata tendenza all'illecito, alla prevaricazione, alla
sopraffazione, esaltata dall'inserimento in un tessuto ambientale in cui
proprio tali disvalori erano assunti, ad un tempo, come strumento di
realizzazione e metro di valutazione del successo professionale e politico. I
giudicabili hanno dato a vedere un rilevante grado di pericolosità
sociale....>.
MOVENTE: ARRICCHIMENTO
PERSONALE
A pagina
433 la motivazione rende più tranciante il discorso-analisi:
<Il
substrato morale che accomuna gli imputati tutti, superando le diverse
estrazioni politiche e sociali, non va ricercato in una pur distorta
passione politica e nell'ardua ricerca di motivazioni ideali, bensì nel più
spregevole dei moventi: la "auri sacra fames" da soddisfare mediante
l'appropriazione e la distrazione della ricchezza altrui, pubblica e privata.
Particolarmente grave appare il danno sociale arrecato da soggetti investiti di
pubbliche funzioni a considerevoli livelli, che attingono la massima autorità
nell'ambito regionale, con il sovvertimento di criteri di imparzialità e di
disinteresse che devono presiedere l'attività amministrativa, con il tradimento
della fiducia in essi riposta dagli elettori ingannata dalla prospettazione di
nobili ideali....Proprio a questo tipo di pubblici amministratori disonesti
va in massima parte addebitato il grave pregiudizio alla credibilità delle
istituzioni ed il nefasto effetto di una diseducazione politica generalizzata
che sono alla base di tante deprecabili manifestazioni del deteriorato clima
della vita sociale italiana contemporanea. . ..La presunzione dell'impunità
alimenta l'arroganza della prevaricazione e spegne la fiducia nella possibilità
di una legittima reazione, creando un ulteriore stimolo a delinquere e ponendo
dall'altro le premesse dell'acquiescenza>.
LA STORIA RECENTE DI SAVONA...
Facciamo
un balzo avanti. Nel descrivere alcune realtà di ieri, ritroviamo nelle
cronache più attuali scenari ed imprenditori. Di
Francesco Filippone,
peraltro non imputato nella "Teardo story", si sono perse, ricorrendo ad un
detto, le tracce. Quantomeno in vicende pubbliche.
Nella precedente puntata abbiamo
ripercorso il ruolo di imprenditori, delle loro aziende "vittime", a loro dire,
di un sistema distorto. Tra essi abbiamo citato il gruppo
Lombardini.
Ebbene il "gruppo Lombardini" e lo
riferiamo come dato di cronaca, lo ritroviamo descritto nel più eclatante
"bubbone" dopo la "Teardo story". Nel primo caso emersero responsabilità
penali, nel secondo (cioè lo "scandalo delle aree e della sorte
dell'Italsider", con annessi e connessi) si può soltanto parlare di
responsabilità politiche, di scelte morali inerenti la pubblica
amministrazione, di interessi pubblici che dovrebbero sempre prevalere sul
privato, dell'utilizzo distorto di risorse e denaro pubblico, di ruoli avuti da
molti personaggi pubblici che tuttora ricoprono incarichi a livello regionale,
provinciale, comunale e sono impegnati in politica. Parlamento compreso.
QUEL LIBRO ORFANO DI
SMENTITE
Chi non
l'avesse ancora fatto (l'invito è rivolto soprattutto agli studenti, ai
giovani, a chi non ha seguito quelle vicende) legga il libro
"Il fallimento
perfetto" del giornalista de Il Secolo XIX,
Bruno Lugaro. Scorrere
quelle pagine fa venire la pelle d'oca. Non sappiamo come i
protagonisti, citati con nomi e cognomi, abbiamo reagito quanto meno nel loro
intimo. Con quale stato d'animo si sentano più o meno coinvolti in quel
"drammatico e sconcertante racconto", sequenza di fatti. Di una "gravità
estrema" ha parlato l'avvocato
Nanni Russo, ex parlamentare Ds, in un
pubblico dibattito.
Sarebbe
sbagliato accomunare tutti sullo stesso piano, nello stesso calderone. Ma non
può essere certo l'assenza di un giudizio penale, a rincuorare i protagonisti
principali e secondari. La commistione di interessi pubblici e privati, la
regia e l'abile gestione di istituzioni, associazioni di categoria (leggi soprattutto
il ruolo e gli uomini dell'Unione Industriali di Savona)
[vedi ad esempio Il Secolo XIX del 23.01.1994 .pdf] dovrebbe spingere ad
una seria analisi-riflessione, come un altro giornalista savonese,
Marco
Preve, de Il Lavoro-Repubblica, aveva pubblicamente invocato la stessa sera
in cui venne presentato il libro nella "Sala Rossa" del Comune di Savona.
I vertici
della
Confindustria nazionale hanno impresso una benefica svolta e
bonifica morale, concreta, nella lotta alle mafie del sud. A Savona nessuno è
colluso con la mafia, ma nella vicenda
Italsider, Omsav, Vecchia Darsena,
aree annesse, private e demaniali, con sfruttamento edilizio, acquisizioni e
vendite, piano urbanistico e varianti ad hoc, prepensionamenti e pensionamenti,
trasferimenti di operai alle Ferrovie dello Stato dopo corsi "professionali",
rappresentano micidiali pallottole alla legalità. Al ruolo del Comune di
Savona, della Provincia e della Regione, dei sindacati,
Cgil in primo
piano. Delle cooperative.
E resterà
un mistero, forse giustificabile solo dalla sottovalutazione dei fatti, perché
allora di fronte alla girandola di miliardi e società, non fu messa subito in
campo la guardia di Finanza, unico organismo che ha tutti gli strumenti di
penetrazione nei meandri degli affari, delle banche, dei conti correnti, dei
libretti al portatore. Il libro di
Lugaro evidenzia "dubbi",
"coincidenze", interrogativi, sepolti da una pietra tombale, senza ergersi a
giudice.
Le
mancate risposte non rendono un servizio alla verità, alla trasparenza, alla
città. Fu la
Digos
ad occuparsi del caso, archiviato e finito al macero con impeccabile
tempistica, non comune almeno per gli atti e i tempi del tribunale di Savona.
RUOLO DEL GRUPPO
LOMBARDINI
Il ruolo del gruppo
Lombardini
emerge nel "
Consorzio Vecchia Darsena" costituito nel 1991, con
una quota del 33 per cento detenuta da
Licio Claudio Lombardini. E poi
da
Sci (33 per cento) di
Emanuele Romanengo, dalla
Cooperativa
edile (11 per cento), con presidente
Renzo Pometti e Domenico Frumento,
da
Edilcoop (11 per cento) con presidente
Giuseppe Olcese e vice
Claudio
Sesena, infine l'11 per cento al
Consorzio Cooperativo di Reggio Emilia.
Nel 1992 il
Consorzio Vecchia Darsena acquista nuovi soci: l'
Ilva
gestioni patrimoniali e la
Sicma.
C'è il ruolo di
Orsa 2000,
costituita il 15 luglio 1991, che vede con una quota del 20 per cento la
Lombardini Spa
di Licio Claudio Lombardini, il quale uscirà dalla società nel 1993.
Ai lettori di Trucioli Savonesi
offriamo due momenti della "
Lombardini story." in tempi diversi ed
occasioni diverse, che il
Secolo XIX ha offerto ai suoi lettori.
Il primo
[vedi articolo .pdf] porta la firma di
Luciano Corrado dal titolo
"Noi
non siamo avvoltoi" - L'amarezza di Lombardini interrogato dal giudice" e
che risale al 4 giugno 1993 (epoca di uscita di scena dalla
Vecchia
Darsena-Omsav) e precedenti vicende legate ad appalti livello nazionale.
Nel sommario è scritto:
<L'imprenditore ha rigettato, contrattaccando, le
accuse di essere "una piovra" che allunga le mani sulla città. E' stanco di
insinuazioni, accuse e sospetti, sull'imprenditoria privata. Per lui tutto ciò
ha portato alla paralisi di Savona negli ultimi anni>.
Nel libro di
Bruno Lugaro,
"Il fallimento perfetto", si parla di un'inchiesta a Genova per il sottopasso
di
Caricamento.
<Inchiesta che vedrà coinvolto - è scritto -anche
il geometra Licio Claudio Lombardini, imprenditore savonese nel settore delle
grandi opere (autostrade, ferrovie, porti) con ottime conoscenze nei palazzi
della politica romana e titolare della Bombardini Spa>. E ancora a
pagina 60
<...finì sotto inchiesta a metà anni '90 per una vicenda di
tangenti legate all'allora ministro Carmelo Conte, per il sottopasso di
Caricamento>.
Sempre Il Secolo XIX, traccerà un nuovo ed aggiornato affresco con una mezza
pagina, a colori, del 3 settembre 2006,
[vedi .pdf] dal titolo "Lombardini, stirpe di imprenditori", Sottotitolo: "Marcello affianca il padre Licio Claudio alla guida
del gruppo costruzioni con 200 dipendenti>. Sommario: <Il mecenatismo nel
dna. Papà e figli promuovono l'arte e il convivio: <Mamma Caterina ci ha
insegnato ad allargare la tavola>.
Il giornale aveva
affidato il pregnante e suggestivo reportage, a Rovereto di Gavi, al "nostro
inviato" Antonella Granero. Un ultimo, aggiornato, ritratto
della famiglia Lombardini, degli affari, delle proprietà.
Con qualche eccezione.
Luciano Corrado