Con il V-Day di Grillo programmato per il 25 aprile e dedicato all'informazione si fa' largo nella rete la questione "Casta dei giornalisti". Noi portiamo un esempio, un contributo, di un giornalista che sà soddisfare il Potere anche se nella sua apparenza di "grande firma" alcuni non lo direbbero...
Non solo esegue l'auspicio del Potere (e dei sodali di corte), ma attacca i giornalisti ed i giornali che hanno il coraggio di riportare i fatti e fare inchiesta. Naturalmente oggi, alla luce dell'indagine sul Porto di Genova, il "servilismo" da
confratello del nostro cosiddetto giornalista, rende ancora più evidente la sua miseria. Peccato che siano passati due anni esatti e che non abbia mai chiesto scusa per aver violato il primo dovere del buon giornalismo, imparzialità e fedeltà ai fatti. E pensare che in quel giornale, Repubblica, per cui scrive vi sono molti giornalisti preparati e seri, corretti e liberi... peccato che loro non abbiano a disposizione le paginate del cosiddetto. Ma non dilunghiamoci, ecco a voi... Piero Ottone!
13.01.2006 - Repubblica
Alcune domande al Secolo XIX
Quale futuro per la nostra
città?
Dubbi, polemiche, discussioni sul progetto di Renzo Piano
che ridisegna i confini tra Genova e le sue banchine Si può pensare a un'
alleanza che chiarisca le idee e unisca le forze per conquistare il primato nel
Mediterraneo i miei giornali Ho buoni ricordi al Secolo, non voglio attaccarlo
La svolta affresco Con Piano possiamo aspirare a un grande livello Bertone
insegna Puntuale il suo invito a lavorare concordi Attacchi in serie Sotto tiro
sono finiti Novi e Palazzo S.Giorgio Dopo anni di contrasti e scontri, è l' ora
di un lavoro comune per raggiungere grandi traguardi nell' interesse generale
di PIERO OTTONE
A Fleet Street, antica sede della stampa inglese, circolava un detto,
"cane non morde cane", per dire che i giornali non si attaccano fra
loro. E io non voglio certo attaccare, da queste colonne di Repubblica, l'
altro quotidiano più diffuso a Genova, il Secolo XIX. Ci mancherebbe altro. Al Secolo,
antica testata, ho trascorso un periodo assai piacevole della mia vita
professionale. Alessandro Perrone, discendente diretto della famosa famiglia di
industriali, me ne affidò la direzione alla fine del 1968, e di quegli anni ho
un gran bel ricordo. Con suo figlio Carlo, l' attuale editore, mantengo una
salda amicizia. Non muovo un attacco, dunque. Ma formulo alcune accorate
domande. Che cosa succede in quel giornale? Qual è il suo rapporto con la
città? Come si spiegano certe sue posizioni, certe sue campagne? Al centro di
queste domande c' è il progetto su cui si impernia ormai ogni dibattito sull'
avvenire di Genova: il progetto di Renzo Piano. Che cosa ne pensa, il
confratello? All' origine c' è una guerra, una strana guerra personale
scatenata da quel quotidiano contro il presidente dell' autorità portuale,
Giovanni Novi. Ricordiamo al lettore alcuni dati sommari sul personaggio di cui
stiamo parlando. Novi è stato per tutta la vita uno shipping broker, titolare
col signor Burke di un' agenzia marittima che ha sede a Genova, e porta il loro
nome. Due anni or sono, inopinatamente, è diventato presidente del porto: una
nomina imprevedibile, perché Novi, a differenza di tanti altri che detengono
cariche pubbliche, non è legato ad alcuna formazione politica, non è uomo di
parte. Esperto di questioni marittime per professione, vicino alla settantina,
senza problemi di carriera, egli costituisce al suo posto, in questo nostro
paese infestato dai giochi politici, una felice anomalia. Si può essere certi
che la sua sola ambizione sia quella di fare bene, per la durata del mandato,
il suo nuovo mestiere. Il Secolo, tuttavia, è sceso in guerra contro di lui.
Poco più di un anno fa, il 16 dicembre 2004, il direttore del giornale,
Lanfranco Vaccari, gli ha dedicato un editoriale di fuoco, come se avesse
voluto annientarlo. Perché mai? Forse Novi aveva commesso una leggerezza, in
risposta alle domande di un intervistatore aveva detto che certe notizie
pubblicate dal Secolo XIX erano "stupidaggini", e poteva usare un
altro termine, ma mi sembra che il peccato, se peccato era, non giustificasse
la reazione. «Con totale sprezzo del ridicolo - esordiva l' articolo di Vaccari
- il presidente dell' autorità portuale Giovanni Novi si è finalmente dato una
missione. A testa bassa come Will Coyote, lo sgangherato personaggio dei
fumetti che conclude puntualmente le sue cariche in fondo a un burrone, ha
lanciato una crociata. No, non per far funzionare il porto: sarebbe una scelta
troppo intelligente. Ma contro 'il solo giornale che mi attacca dicendo
stupidaggini' ~» Seguivano contestazioni di merito, sugli argomenti che erano
all' origine della contesa. Ma qui interessa l' asprezza dell' attacco, che si
concludeva con un' altra sprezzante similitudine: «Giovanni Coyote, non pago di
aver potuto mentire senza venir contestato~, passa le sue giornate ~ fra
piccole, miserabili bugie e brandendo un arsenale polemico perfino più
derelitto di quello delle truppe di un altro famoso condottiero che sperava di
trovare un po' di gloria in una crociata. Brancaleone da Norcia». Coyote,
Brancaleone~: l' attacco era così violento, e di tono così inconsueto in una
città bennata quale è Genova, che le associazioni attive nel porto sentirono il
bisogno di deplorarlo in una pubblica dichiarazione congiunta. Novi, quali che
siano i suoi meriti e demeriti, è un mite signore di impeccabili maniere: fare
di lui uno sgangherato Will Coyote, un derelitto Brancaleone da Norcia, suscitò
stupore. Ma da allora c' è stata la guerra: il Secolo ha mantenuto da quel
giorno un atteggiamento ostile contro di lui, tanto che Novi ha preso di
recente l' insolita decisione di sporgere querela contro il giornale, non tanto
per singoli episodi, quanto per una campagna giornalistica di lunga durata,
lesiva, secondo il querelante, della sua reputazione. Ha fatto bene? Ha fatto
male? Un giornale ha in primo luogo il dovere di informare, con imparzialità.
Ha quindi il compito di raccogliere sui vari aspetti della vita pubblica, e sui
personaggi che vi figurano, tutte le voci, anche quelle critiche, anche quelle
ostili: sarò io l' ultima persona al mondo a negare questa funzione della
stampa, in cui fermamente credo. Se dunque qualche esponente della vita
cittadina critica Novi, è giusto prenderne atto, e pubblicare le sue critiche.
Magari con rilievo, se l' esponente della vita cittadina lo merita. Ma c' è, in
questo caso, un animus ostile, che può manifestarsi nella scelta delle persone
da intervistare, nei titoli, nei commenti? C' è la volontà di distruggere una
reputazione? Sulla querela si pronunceranno i giudici. A me interessa, in
questa sede, l' atteggiamento del Secolo verso il porto. E verso la città. è
infatti entrato in scena, nel frattempo, il progetto di Renzo Piano; e le due
vicende si intrecciano, perché il progetto di Piano riguarda tutta la città, ma
soprattutto il porto: è quindi materia, più che di ogni altro esponente della
vita cittadina, del presidente dell' autorità portuale, che deve porre le basi
per la sua attuazione. Sulla visione di Piano non occorre spendere molte
parole: il lettore è informato. L' architetto genovese, personaggio di fama internazionale,
autore di opere di prestigio a New York e a Berlino, in Svizzera e in Giappone,
in Francia e in Italia, e in tanti altri luoghi, presenta (per iniziativa di
Sandro Biasotti, allora presidente della Regione) un progetto che può fare di
Genova una città diversa, una metropoli di ampio respiro, con un porto in grado
di accrescere i suoi traffici, un aeroporto là dove adesso c' è il mare aperto,
e una relazione diversa fra il porto e la città, fra la città e il mare. Una
trasformazione profonda, un salto di qualità, che richiederà, per compiersi,
una ventina d' anni. Una pianificazione a lungo termine, dunque: se i genovesi
vi si impegneranno, sarà smentita per sempre l' accusa che a loro si rivolge
tanto spesso di essere miopi, gretti, incapaci di grandi sogni. Ma il progetto
significa anche una rivoluzione. E investe tanti interessi costituiti. Il Secolo
se ne rende conto, naturalmente. E anch' esso, come noi di Repubblica, presenta
il progetto come la grande svolta. «Al di là degli aspetti tecnici (per
definizione risolvibili) su questo o quell' aspetto sulla collocazione delle
riparazioni navali o sulle isole e sulle penisole, - scrive il suo direttore -
il progetto di Piano è finora il solo tentativo di dare una prospettiva
strategica al porto di Genova, l' asse portante di qualsiasi sviluppo della
città, l' irrinunciabile punto di partenza di qualunque discorso sul suo
futuro. Il problema è tutto politico: consiste nella capacità della classe
dirigente genovese di dare una soluzione all' enigma della modernità, di
fissare le priorità, di mettere ordine al processo~ è un' alternativa su cui
questo giornale non ha dubbi, Piano ha proposto una strada (rivedibile nei
particolari, come lui stesso ha dimostrato) da percorrere. La città, finora, ha
dimostrato di essere prigioniera di logiche antiche e autolesioniste.
Soprattutto, di non sapere dove vuole andare. E se uno non sa dove andare, è
difficile che ci arrivi». Ineccepibile. Ma è poi successo che soprattutto di
quelle logiche "antiche e autolesioniste" il Secolo è sembrato essere
l' eco, facendole sue. Sfogliamo la raccolta: si susseguono un giorno dopo l'
altro le cronache di critiche e di attacchi, pubblicate con titoli
catastrofici, dai quali si ricava l' impressione che il progetto di Piano sia destinato
al naufragio. "L' affresco non sta in piedi", si legge su cinque o
sei colonne; oppure: "L' affresco degli alibi"; "Porto: colata
di cemento sui moli"; "L' affresco sotto 'processo' Spostare l'
aeroporto? Per i francesi è 'follia' ": "il capo dell' agenzia
Waterfront boccia senza appello il disegno dell' architetto"; "Piano
non trova l' intesa con i riparatori navali"; "Gli architetti: sull'
affresco manca la trasparenza"; "Rivolta degli architetti". Il
pessimismo sul così detto affresco si intreccia naturalmente con gli attacchi
contro Novi, primo responsabile dell' attuazione: «Dopo due mesi di lotta
personalistica, capricciosa e di bassissimo livello (insinuazioni, canagliate,
perfino un fantomatico dossier mai materializzatosi), che nasconde tuttavia
formidabili interessi, il presidente dell' autorità portuale - così si legge
per esempio in un articolo del direttore - non è riuscito a sbatter fuori da
palazzo San Giorgio il suo segretario generale Alessandro Carena»: nello stesso
articolo si legge altresì della «disistima che gli operatori portuali (con l'
eccezione della compagnia di Paride Batini, guadagnato alla causa grazie a
meccanismi che varrà la pena di approfondire) palesano nei confronti di Novi~».
Curioso l' inciso su Batini: di che meccanismi si tratta? Un attacco contro
Piano proviene da Alessandro Repetto, presidente della Provincia. Ma il critico
più severo è l' ingegner Carlo Vinelli, già presidente dell' Ente bacini, poi
presidente dell' agenzia Waterfront. Le sue dichiarazioni trovano ampio
rilievo, ed è giusto che sia così: il personaggio non è l' ultimo venuto, un
quotidiano ha il dovere di registrare, e di riferire in modo vistoso, ciò che
egli dice. Ma non succede anche che il Secolo sia d' accordo con Vinelli,
oppositore di Piano? Sembra proprio di sì. In sede di commento, il Secolo dice:
«Il coordinatore dell' Agenzia Waterfront, Carlo Vinelli, ha smontato con
argomentazioni tecniche e urbanistiche l' affresco di Renzo Piano. Dichiarando
esplicitamente al Secolo XIX ciò che da oltre un anno molti operatori,
sindacalisti, politici e quasi tutti gli addetti ai lavori pensano, senza però
avere il coraggio di esprimere pubblicamente. E cioè che il progetto con cui l'
architetto Piano intende rivisitare il waterfront portuale, così come è stato
concepito finora, non sta in piedi~». E in un altro commento leggiamo: «L'
architetto (Piano) ha ragione nel dichiararsi sconcertato. Ma perché qualcuno,
anziché ironizzare o criticare nell' ombra, finalmente non gli confessa che al
momento di iniziare il disegno, il suo studio ha ricevuto input sbagliati da
parte di chi (a cominciare dai vertici dell' Autorità portuale e della Regione)
avrebbe dovuto invece spiegargli bene che cos' è e che cosa deve fare un porto?».
Un atteggiamento contraddittorio? Il direttore del giornale indica come una via
da percorrere, forse l' unica via, il progetto di un architetto che, a quanto
leggiamo, non sa che cosa sia un porto se qualcuno non glielo spiega (e
purtroppo hanno dimenticato di spiegarglielo): non è dunque il caso di
meravigliarsi se questo suo sfortunato progetto è "demolito", è
"smontato" da chi se ne intende, come Carlo Vinelli. Il quale dice
che «è stato un atto di grave insipienza politica pensare di promuovere la
trasformazione di un organismo complesso qual è il porto di Genova attraverso
le fantasie di un architetto che sarà anche bravo, ma non è certo un tecnico
della pianificazione territoriale. Com' è ampiamente dimostrato dal suo
affresco». Così si spiegano, dunque, le domande formulate all' inizio di questo
articolo. Dove sta il più importante giornale cittadino? Mi sembra di capire
che il suo direttore, persona intelligente, si renda conto del valore di un
progetto, quello di Renzo Piano, che può consentire a Genova il salto di
qualità. Ma poi intervengono voci discordi, interessi locali, incomprensioni,
che finiscono col prendere la mano. Ogni trasformazione, ogni cambiamento fa le
sue vittime: e coloro che da molto tempo operano nel porto così come è,
propaggine di una città così come è, puntano i piedi, resistono. Un giornale
che da oltre un secolo vive nella città riflette queste resistenze, le
registra, e fin qui assolve la sua missione; ma poi vi partecipa, si lascia
convincere. Lo abbiamo letto: tante persone in sordina criticano e obiettano.
Il giornale le incoraggia a esprimere le critiche ad alta voce: perché non
dicono chiaro che questo architetto di fama mondiale di porti non capisce un
bel nulla? Le critiche sul piano si intrecciano poi con l' antagonismo verso
Giovanni Novi, in prima fila per l' attuazione del progetto. Ed ecco che il
giornale sembra condividere l' atteggiamento negativo di Carlo Vinelli, i dubbi
e le esitazioni di Alessandro Repetto. Ma mi sembra che sia utile, nelle
attuali circostanze, avere chiarezza. Il progetto di Piano per la Genova del futuro è un
fatto di estrema importanza. Noi pensiamo che debba essere sostenuto. Pensiamo
che Genova, come ha detto di recente il cardinale Bertone, debba «fare squadra
in una concordia che superi i particolarismi, per realizzare obiettivi comuni».
Ci piacerebbe che lo pensasse anche il Secolo: per combattere insieme una
battaglia nell' interesse della città, un interesse che supera le rivalità di
testata.