Deferrari: «Cifre
stanziate prima che ci fidanzassimo». Ma è bufera nella corsa all'elezione del nuovo Rettore...
Migliaia di pagine. Carte sull'Università di Genova che il Secolo XIX
sta esaminando. E tra questi documenti ci sono anche i pagamenti per le
consulenze deliberate dall'Ateneo. Alcune voci hanno attirato l'attenzione:
versamenti per 92 milioni di lire che nel 1999 sono stati effettuati dal Dimi
(Dipartimento di Medicina Interna dell'Università) alla società di
comunicazione Chiappe Revello. Direttore del Dimi, all'epoca, era il professor
Giacomo Deferrari, oggi preside di Medicina e candidato Rettore.
L'amministratore delegato della Chiappe
Revello è Rossana Revello, moglie di Deferrari. Negli anni i versamenti
dell'Ateneo alla società sono stati 262 mila euro. Così suddivisi: 104.520.000
lire nel 1999, 212.698.000 lire nel 2000, 35.697 euro nel 2001, 18.381 nel
2002, 40.752 nel 2003, 3.720 nel 2004 e 7.800 nel 2005. Ma non è il solo caso
su cui si concentra la rovente campagna elettorale: emerge un appalto per la
creazione di un software per l'Ateneo. Il professor Maurizio Martelli - che lo
stesso Deferrari ha candidato alla poltrona di prorettore e numero due
dell'Università - l'avrebbe affidato alla ditta KSolutions in cui lavorava la
sorella. «Era un ottimo prodotto e mia sorella non era socia, non ci ha
guadagnato nulla». La spesa sarebbe stata di 70 mila euro.
In tre consulenze, in particolare, secondo i
documenti ufficiali dell'Università in possesso del Secolo XIX, alla voce
"denominazione del bilancio" compare la dizione "Professor Deferrari-contributi
per linee guida" (due volte nel 2001), mentre nel 2003 si legge "Prof.
Deferrari-da Regione Liguria contributo per convegno" e "Contributi in corsi di
formazione - centro di servizi della Facoltà di Medicina e Chirurgia». Una
serie di circostanze che hanno indotto il Secolo XIX a chiedere chiarimenti al
diretto interessato, anche e soprattutto perché è candidato alla poltrona di
Rettore. Secondo il bilancio di esercizio 1999 dell'Università, la Chiappe e Revello risulta
destinataria di otto pagamenti. Di questi sette provengono dal Dimi per un
totale appunto di 92mila euro su 104mila.
All'epoca, si diceva, Deferrari era ancora
alla guida dell'Istituto. Alla voce "denominazione del bilancio" si legge:
"rappresentanza". Mentre la "descrizione della riga di mandato" riporta:
«Attività di comunicazione». La stessa Chiappe e Revello - società nota nel
campo della comunicazione - ha ricevuto nel medesimo periodo altri 12 milioni
di lire per organizzare convegni e conferenze. Come spiega Giacomo Deferrari la
circostanza di pagamenti a favore della sua allora compagna (madre di suo
figlio nel 2000 e moglie dal 2002)?
«Assolutamente non ho mai pagato consulenze a
mia moglie», è la prima risposta. Poi, però, fa mente locale. E racconta:
«Queste sono voci diffuse da persone che mi sono nemiche perché voglio
rinnovare l'Università. In concreto: è vero, i pagamenti erano nell'ordine di
quaranta, massimo sessanta milioni di lire l'anno. Il rapporto è nato nel 1997,
si decise di bandire un concorso per trovare una società che curasse la
comunicazione del Dimi. Si presentarono tre società, tra cui la Chiappe e Revello. A
quell'epoca io non conoscevo mia moglie, non sapevo che faccia avesse. Il
nostro rapporto personale è cominciato nel 1999».
Qualcuno potrebbe dire che esiste una
questione di opportunità. I soldi non rimangono in famiglia? Deferrari taglia
corto: «Le consulenze erano destinate a una società, non a mia moglie
personalmente». Ma sua moglie è socia e amministratrice delegata della società.
O no? «C'è stato un periodo, diciamo così, di sovrapposizione tra il mio
rapporto personale con mia moglie e il fatto che lei fosse consulente del Dimi
attraverso la Chiappe
e Revello. Ma è durato poco, poi io ho cominciato a lavorare altrove. E
comunque la decisione di affidare la consulenza alla Revello non la prendevo da
solo, anche se ero il direttore dell'istituto. Nel consiglio ci sono altre 75
persone che non si sono mai opposte».
Nel 2000 Giacomo Deferrari, quindi, non è più
direttore del Dimi, ma viene nominato delegato alla Sanità da parte del rettore
Sandro Pontremoli. Scorrendo tra le nove consulenze del Dimi alla Chiappe e
Revello se ne trovano due che hanno come denominazione: «Professor Deferrari,
contributi per linee guida». In tutto la società oggi amministrata da Rossana
Revello in quell'occasione ottenne due pagamenti per 48,1 milioni di lire l'uno
(96,2 milioni in tutto). Giacomo Deferrari la spiega così: «Attenzione a non
prendere un abbaglio colossale. Quello era un progetto di ricerca del ministero
della Salute affidato a me per definire nuove linee riguardo ad alcune
malattie. Il titolare del progetto ero io, non il Dimi».
Scusi, ma l'ente pagante (alla Chiappe e
Revello) indicato nei documenti dell'Università è il Dimi: «È vero,
l'università aveva ricevuto il denaro dal ministero e lo ha amministrato». Ma
chi ha deciso che la sua compagna partecipasse al progetto? «L'aspetto della
comunicazione era l'essenza del progetto. In casi come questo è obbligatorio inserire
un esperto di comunicazione. E poi il responsabile non ero io, ma il professor
Vigna». Nel bilancio dell'Università, però, l'unico nome riportato è quello del
professor Deferrari. Aggiunge il candidato rettore: «Il pagamento è stato
effettuato nel 2000, ma l'operazione comunque risale a parecchio tempo prima.
Probabilmente prima che il nostro legame cominciasse».
Il documento dell'Università che riporta la
spesa scrive: «Contratto numero 203.99 §Regione Liguria», risalente quindi al
1999. Prosegue il candidato rettore: «Dal 2002 sono diventato preside di
Medicina e siccome mi rendo perfettamente conto del potenziale conflitto di
interessi con l'attività di mia moglie, da allora non le ho mai affidato
consulenze. Vi sfido a trovare consulenze da quella data per la facoltà di cui
sono preside». In effetti, a quanto risulta al Secolo XIX, la facoltà di
Medicina non ha affidato incarichi alla Chiappe e Revello negli anni
successivi.
La società ha ottenuto 18,3mila euro
dall'Università nel 2002, mentre nel 2003 - quando Deferrari era già preside - la Chiappe e Revello ha
ottenuto 42,1 mila euro di consulenze per rappresentanza e comunicazione da
dipartimenti e centri servizi della facoltà di medicina (in grandissima parte
ancora dal Dimi), che non dipendono amministrativamente dalla presidenza della
Facoltà ma ne sono parte integrante. C'è, però, una voce in cui di nuovo
compare il nome di Deferrari. È la numero 20305001003, dove si legge:
"denominazione di bilancio: "Professor Deferrari - da Regione Liguria contributo
per convegno".
Il beneficiario del pagamento è, appunto, la
"Chiappe e Revello" che avrebbe organizzato la presentazione del LiGuMed III.
Per questa consulenza la società di Rossana Revello ha percepito 4,8 mila euro.
Rossana Revello spiega: «Nel 2006 il professor De Ferrari, che solo dopo tre
anni è diventato il mio fidanzato, decise di promuovere l'attività del Dimi. Ci
fu una gara, la vincemmo per l'ottima esperienza, di otto anni, già avuta con
il Gaslini. Tre anni dopo Deferrari non c'era più, ma il contratto ci fu
rinnovato per i buoni risultati conseguiti. Le cifre calano negli ultimi anni
perché ormai il fine che ci proponevamo era raggiunto e, quindi, il lavoro era
ormai in via di ultimazione».
Ma come si è sviluppata la vostra azione di
promozione? «Bisognava far conoscere alla città il valore del Dimi, che faceva
ottime cose ma che non ottenevano l'adeguata risonanza. Deferrari, primo in
Italia, ha avuto una grande intuizione che poi è stata ripresa anche da molti
altri». Un risultato conseguito? «Ripeto: sì. Già dopo tre anni la nostra
seconda indagine ha dimostrato che la situazione era nettamente migliorata. Il
nostro contratto è stato poi rinnovato dai successivi direttori del Dimi».
Anche negli anni tra il 2003 e il 2005,
quando suo marito era già preside, risultano versamenti dal Dimi e dalla
Facoltà di Medicina, il 10 dicembre 2003. «Non ricordo con esattezza, ma se
esistono questi pagamenti, sono sicuramente residuali e si riferiscono ad
accordi di epoca precedente. E in ogni caso, la valutazione sul nostro operato
è sempre stata positiva. Se no ci avrebbero cacciato».
Marco Menduni
Ferruccio Sansa