Il
nostro è il Paese del Gioco d'Azzardo "legalizzato". E' quello
delle slot machine, dei più vecchi videopoker e delle nuove slot, ma
anche quello del gioco online. Questi rappresentano un crescente
pericolo sociale perché invitano a giocare e giocare sempre di più,
lasciando poi sul lastrico sempre più persone e famiglie. Ma qui lo
Stato incassa e quindi: vai con gli spot e sempre nuovi punti di
gioco, reali e virtuali. Gli italiani devono giocare, svenarsi,
entrando in un meccanismo senza freno e limite...
Ed il nostro è
anche il Paese dove il Gioco d'Azzardo "legalizzato" garantisce
introiti spaventosi alle società concessionarie visto che poi ad
introiti miliardari corrisponde un evasione miliardaria. Non è una
novità, ed anzi ne abbiamo già parlato ampiamente, riprendendo
l'inchiesta di Ferruccio Sansa e Marco Menduni, pubblicata alcuni
anni fa su Il Secolo XIX, e pubblicando la relazione integrale su
quell'evasione di 98 miliardi di euro. Ebbene quei soldi non sono
ancora stati incassati dallo Stato, anzi al vaglio ci sono condoni
pronti nel cassetto per gli amici potenti e gli amici degli
amici.
Ed il nostro è anche il Paese dove il Gioco d'Azzardo
"legalizzato" ha visto costante ed inesorabile il concorso a
pieno titolo di partiti, politici e mafie, uniti nel business. Ci
ricordiamo i Bingo di partito o le reti di distribuzione di
macchinette truccate in mano alle cosche di Cosa Nostra, Camorra ed
'Ndrangheta? Forse no e comunque non abbastanza, visto che questo
business ha potuto proliferare e prolifera, parallelo alla nuova
grande invenzione per far cassa, quello della legalizzazione delle
"scommesse" con punti scommesse sempre più legati a punti di
slot machine e bingo (provate a fare un giro nel vicentino, tanto per
fare un esempio).
Ed il nostro Paese è anche quello dove ai
punti maggiormente visibili e tematici per il Gioco d'Azzardo
"legalizzato" si aggiungono reti di "circoli" culturali e
ricreativi dove sempre di più si svolge tutt'altro che attività
cultura e ricreativa. Anche qui davanti alla possibilità di avere
maggiori entrate gli "Enti di Promozione Sociale" e quelli di
"Promozione Sportiva" chiudono tranquillamente gli occhi,
rilasciando (previo pagamento) le autorizzazioni sostitutive alla
licenza per "circoli" che in realtà sono esercizi commerciali
puri, con le loro belle schiere di macchinette mangiasoldi, quando
non direttamente bische. E non è che gli "Enti" non lo sappiano,
lo sanno bene, tanto che nei loro siti internet certi "circoli"
non compaiono mai nella lista degli "affiliati".
A Genova
si conoscono bene queste realtà, si sa dove sono le bische
clandestine, a partire da quelle gestite dai "gelesi" di Cosa
Nostra, per arrivare a quelle sotto la regia degli 'ndranghetisti
come il clan dei Macrì (e che ci riquerelino pure!). Il Gico aveva
fatto un lavoro straordinario di mappatura, nell'ambito di un
inchiesta centrata sulla mafia siciliana a Genova, ma l'allora pm
della DDA non diede seguito a gran parte di quel lavoro, procedendo -
come già più volte abbiamo ricordato - a provvedimenti separati,
parziali e senza mai contestare il 416 bis... così che quando il
Gico fu autorizzato a procedere sulle bische dovette selezionarne una
piccola parte su cui intervenire, tralasciando molti dei siti
individuati.
Ed oggi a Genova se da un lato si continua
l'attività di inchiesta sulle attività del gioco d'azzardo dei
Macrì, anziché un attività mirata su cui concentrare le forze,
sembra si sia scelta una strada dove si va a colpire indistintamente
chi non c'entra nulla con quella realtà e che il gioco d'azzardo non
lo pratica per nulla. E questo perché vi è una confusione immane su
quello che è il nuovo gioco del "Poker Texas holde'em", ovvero
quella derivazione americana del Poker sportivo.
E la
confusione è tutta italiana, tipicamente italiana. Vediamo.
Il
"Poker Texas holde'em" è un gioco lecito. Introdotto in Italia
nel 2006 (con L. 248 del 4 agosto 2006, art. 38 lett. b) con i
"giochi di abilità a distanza con vincita in denaro nei quali il
risultato dipende, in misura prevalente rispetto all'elemento
aleatorio, dell'abilità dei giocatori...". Con successivo
provvedimento (L. 296 del 27 dicembre 2006, art. 1 c. 93) si
chiarifica ulteriormente attraverso l'aggiunta della statuazione
esplicativa sui requisiti dei "giochi di abilità", e si precisa
quindi "i giochi di carte di qualsiasi tipo, qualora siano
organizzati sotto forma di torneo e nel caso in cui la posta di gioco
sia costituita esclusivamente dalla sola quota di iscrizione, sono
considerato giochi di abilità".
In seguito a queste norme
in Italia è stato un proliferare su tutto il territorio della
pratica del gioco Texas Hold'em che, sulla base del regolamento
internazionale, si svolge con la formula del torneo. Certamente
alcuni hanno approfittato di questo nuovo "gioco" per attivare
pratiche di azzardo, ma questa è una violazione, un'eccezione, non è
il gioco in quanto tale e ciò non avviene nella maggior parte dei
casi.
Con il diffondersi di questo nuovo "gioco",
nell'aprile 2010, lo stesso è stato anche inserito ufficialmente,
accanto a scacchi, dama, bridge e backgammon, tra i giochi di abilità
e non di fortuna dall'ISMA (International Mind Sports Association).
L'ISAM, organismo emanazione del CIO per gli sport della mente, ha
inserito il Poker Texas Hold'em tra le discipline olimpiche invitando
la Federazione Internazionale a partecipare alle prossime Olimpiadi
del 2012.
In Italia però il problema è
sorto dal "conflitto" tra i soggetti preposti ai controlli.
Alcune Questure, come ad esempio nel Lazio, rilasciano espressa
autorizzazione allo svolgimento del gioco mentre altre no, anzi lo
vietano categoricamente come ad esempio Torino. Altre che non
rilasciano autorizzazioni ma nemmeno lo vietano, come ad esempio a
Genova, dove il Poker Texas Hold'em non è, ad esempio, inserito
nella lista, redatta annualmente, dei giochi vietati.
Davanti
a queste contraddizioni occorre quindi entrare più nel dettaglio per
capire il quadro.
Partiamo dal caso nato a Campobasso. Qui il
Questore espresse diniego allo svolgimento di un torneo e inserì il
gioco nella lista dei "giochi proibiti". Il Consiglio di Stato
accoglie l'istanza del circolo "Poker One" ed annulla, con
l'Ordinanza del 21 ottobre 2008, la decisione del Questore,
autorizzando il torneo stante la non omogenea regolamentazione sul
territorio dello Stato ed invitando gli organismi competenti a
regolamentare in modo uniforme la materia.
Il regolamento
attuativo non è però ancora stato predisposto ed i Circoli hanno
operato in questo quadro sino a quando, il 9 settembre 2009, il
Ministero dell'Interno ha inviato una circolare in cui si invitavano
tutti gli organismo preposti ad impedire lo svolgimento di tornei di
Texas Hold'em sino al rilascio delle autorizzazioni previste dalla
"Comunitaria 2008".
A seguito di questo provvedimento le
Questure hanno dato esecuzione con le stesse modalità con cui
precedentemente, con divieti o autorizzazioni di tornei.
Il 10 novembre 2009 il Consiglio di
Stato a seguito del ricorso effettuato da un circolo di Mestre con un
provvedimento fotocopia di quello succitato, autorizzava di fatto lo
svolgimento del torneo sancendo, qualora ve ne fosse stata ancora la
necessità, la liceità del gioco che anche lo Stato definisce di
abilità e sportivo.
Che si tratti di un "gioco
lecito" lo dimostra anche il fatto che prima della circolare
ministeriale gli stessi enti pubblici patrocinavano i tornei di Texas
Hold'em, come ad esempio il Comune di Santa Margherita e
l'Assessorato allo sport del Comune di Firenze.
Inoltre vi
sarebbero da fare alcune prime considerazioni. La prima è che la
pratica di questo gioco effettuata da regolari "circoli" che
promuovono le proprie attività nella massima trasparenza (magari
anche con siti o materiali promozionali) difficilmente può subire
influenze da parte della criminalità organizzata che, come è
risaputo, preferisce i circuiti sotto il proprio diretto controllo e
certamente non troppo "visibili". La seconda è che risulta anche
abbastanza difficile che i cosiddetti "bari" possano essere
attratti da tornei di Circoli regolari dove il montepremi è limitato
ad una divisione in percentuale dell'ammontare delle quote di
iscrizione dei partecipanti (30/50 euro) e dove non è prevista
possibilità di rientro in caso di perdita. La terza è che in
Circoli regolari e seri anche i giocatori più incalliti non possono
spendere più di quella quota di iscrizione, mentre invece, ad
esempio, nei giochi online - come nelle bische -, non hanno
limitazione di spesa, anche considerando che nei siti di gioco via
web è anche possibile giocare contemporaneamente su più tavoli...
pratica impossibile e non permessa nei tornei "reali".
Detto questo occorre capire come sia
possibile che le verifiche non vengano concentrate su quei luoghi e
quelle realtà ben conosciute dove la pratica dell'azzardo è
conclamata ed invece si vada a colpire generalizzando. Ad esempio
l'altro ieri notte è stata la volta di un controllo e della
contestazione al Circolo "asd Nuova San Giuliano" di Genova. Qui
si praticano diversi tornei, dal bridge al burraco, petanche e molte
altre, tra cui anche il Texas Hold'em. Al momento della vista della
Guardia di Finanza inviata appositamente in quel Circolo, vi erano 50
giocatori che stavano partecipando ad un torneo proprio di Texas
Holde'em a seguito di un iscrizione di 30 euro.
Contestare il "gioco d'azzardo" ad
una situazione di questo tipo è fuori da ogni logica anche perché,
per esempio, la stessa caratteristica di torneo, con una quota di
iscrizione che poi va a costituire il montepremi suddiviso in
percentuale ai primi classificati, è, ad esempio, adottata per i
tornei lampo e semilampo di Scacchi.
Adesso la questione è:
vogliamo colpire il gioco d'azzardo e le bische nascoste in locali,
appartamenti e circoli ben protetti o si vuole invece andare a
colpire chi gioca in tornei organizzati e gestiti secondo il
regolamento internazionale del gioco, in Circoli regolari e
trasparenti che sanno anche svolgere il ruolo di limitazione al gioco
(impedendo rientri) in una pratica puramente ludico-sportiva?
Ed ancora: vogliamo colpire la
corsa al gioco d'azzardo legalizzato in ogni luogo, con quelle
macchinette di vecchia e nuova generazione - dove le mafie hanno
sempre dimostrato di sapere come inserirsi al meglio nel business e
dove anche sanno ben organizzarsi con finti furti degli incassi,
magari intimidendo i gestori dei locali, con conseguente anche truffa
alle assicurazioni - oppure vogliamo spingere chi ha voglia di
giocare seriamente ad entrare in circuiti "nascosti" o buttarsi
nel mondo del web dove non vi è controllo e limite?
Questa è
la questione che abbiamo davanti... una questione, come si può ben
vedere, tutta, tipicamente, italiana.